“Chi mi conosce bene mi compatisce, e comunque non è un bel sentimento. Chi mi conosce superficialmente avrà nutrito i peggiori dubbi su di me. E questa è una cosa umiliante. Però io so di non aver fatto quello che viene detto e cerco di tenere la testa alta, anche se inizialmente la vergogna è stata tanta. La cosa più avvilente non è tanto il fatto di essere accusati ingiustamente, ma è l’assenza di strumenti per difendersi, io mi sento discriminato”.
La storia di Salvatore (nome di fantasia ndr) viene fuori dopo la denuncia di Stefania, che a TPI aveva raccontato gli anni di abusi e violenze subiti dal marito.
Salvatore ha scritto a TPI e ha voluto raccontare l’altro lato della medaglia, quello che – come nella storia da lui raccontata – è il mondo degli uomini che vengono accusati ingiustamente da mogli o compagne e che devono combattere dure battaglie legali per difendere la propria persona e non perdere l’affidamento dei figli.
“Abbiamo avuto nostra figlia nel 2013, dopo la nascita ci siamo trasferiti a Roma, prima abitavamo al sud Italia. Siamo stati fidanzati 18 anni prima che lei nascesse.
La mia ex ha sempre avuto un po’ di fragilità, capitava diverse volte che avesse un po’ di depressione, non riusciva a concludere le cose, intanto dava un po’ di matto. Io ho sempre cercato di aiutarla, di incentivarla, di sostenerla.
Quando ci siamo trasferiti a Roma lei ha lasciato il lavoro in Calabria, che comunque voleva lasciare.
La bambina è arrivata all’improvviso, lei voleva prima sposarsi, trovare casa, ma avevamo 38 anni, l’età era comunque giusta.
I problemi sono iniziati quando la bambina è diventata più grande, verso i 3 anni. Lei ha iniziato a lavorare, non riusciva a gestirsi nella quotidianità, e non riusciva a stare dietro alle esigenze della bambina. Io mi sono occupato di molte cose, ho fatto tipo da ‘mammo’: la preparavo, facevo la colazione, la accompagnavo a scuola, in piscina, questa cosa ha fatto scattare alcuni meccanismi, la bambina ha provato un certo attaccamento nei miei confronti. Questo alla mia compagna ha sempre dato fastidio.
Così, sono nati un po’ di conflitti con la bambina.
Discussioni ce ne sono sempre state. Una volta se ne è andata di casa per tre mesi.
È mai capitato che in queste litigate si è superato il limite?
A livello verbale no, a parte qualche reciproca offesa, a livello fisico, negli ultimi anni, lei era diventata aggressiva, mi spingeva, qualche volta mi ha anche dato un pugno, un calcio, mi tirava qualche oggetto, era diventata irruente.
Quello che mi sono limitata a fare – dato che al minimo contatto le escono lividi – quando lei faceva così, le mettevo le mani sulle spalle per farla indietreggiare e mi chiudevo in una stanza, con la porta chiusa. Quando colpiva faceva male, ma è capitato in due-tre occasioni.
Una forma di auto-difesa.
Fortunatamente capitava in casa e quindi mi chiudevo da qualche parte mentre lei si calmava.
A me questi modi non sono mai piaciuti, però poi lei si calmava subito, forse ho un po’ sottovalutato questo aspetto. Pensavo che erano momenti passeggeri in cui dava di testa.
Lei dice ‘dava di testa’, ma non c’erano occasioni in cui succedeva anche a Lei?
Sono un tipo abbastanza calmo, moderato. Posso prendere una decisione e non muovermi da quella, questo è il massimo che posso fare, ma non sono venuto mai alle mani con nessuno. Nello scontro fisico le andavo anche a prendere, volevo fare ironia.
Le cose sono peggiorate e poi cosa è successo?
Poi abbiamo avuto delle discussioni su una casa che lei voleva comprare, mentre io ne avevo già comprato una nella quale vivevamo. Per settimane mi ha tenuto il broncio e una domenica l’ho convinta a venire a fare una passeggiata in bicicletta. Lei è venuta controvoglia.
Quel giorno è successa una cosa strana: lei non voleva che io mi avvicinassi alla bambina, non so per quale motivo. Io faccio il giro lungo, lei mi si fionda davanti, la tocco con la bicicletta e lei chiama i Carabinieri.
Era un periodo in cui voleva allontanarmi in tutti i modi dalla bambina perché secondo lei il motivo per cui la bambina avesse una leggera preferenza nei miei confronti era colpa mia. Che mi dovevo allontanare perché ero troppo affettuoso.
Quando lei ha chiamato i Carabinieri non si è stranito?
Era un mese che sembrava cercasse solo lo scontro, c’erano un sacco di provocazioni. Ho lasciato stare, mi sono messo un po’ a ridere, l’ho preso per un dispettuccio.
La Sua compagna chiama i Carabinieri e Lei non fa niente?
No, sono andato a giocare con la bambina, ho sempre pensato di smorzare determinate cose, lì per lì l’ho preso per il solito colpo di testa.
Questo non era un colpo di testa e basta.
L’ho sottovalutato molto. Ho pensato: “gli racconterà quello che vuole, si sentirà soddisfatta e la smetterà di rompere”.
E cosa è successo?
Abbiamo raccontato l’accaduto ai Carabinieri, lei sosteneva io l’avessi aggredita, e io ovviamente dicevo di no. La cosa che mi ha colpito è stato sentire il carabiniere che in privato mi ha suggerito di cominciare a registrarla, perché mi avrebbe fatto passare i guai. Poi, col tempo, ho capito che stava soltanto trovando un modo per prendersi la bambina e avere dei soldi da parte per cominciare una nuova vita.
Ho sempre provveduto alle spese, non le ho fatto mai mancare nulla, ho iniziato anche a risparmiare dei soldi sul suo conto in banca. Senza saperlo l’ho messa nelle condizioni che lei voleva.
Come è andata avanti la cosa?
Ho scoperto che per tre anni si è fatta seguire da un centro antiviolenza. Il giorno dopo l’episodio del parco, ad esempio, ho poi scoperto che era andata al pronto soccorso a farsi refertare, a me non aveva detto nulla e anzi, mi aveva detto che non poteva andare a prendere la bambina a scuola.
Un referto con zero giorni di prognosi. Per mesi mi ha fatto dispetti, non si faceva trovare, prendeva la bambina e spariva.
Ma Lei, con una persona che faceva così, non ha avuto il pensiero semplicemente di andarsene?
Con il senno di poi ho fatto bene a non farlo, non essendo sposati avrei perso l’affidamento di mia figlia, e invece su questo sto ancora lottando. Ho solo pensato che fosse uno di quei suoi periodi particolari. Se avessi lasciato la casa, è come se avessi fatto la rinuncia ai figli. Nemmeno lo sapevo, ma ho fatto bene.
Ci sono episodi che ho registrato, come una sera in cui lei fece di tutto per creare una discussione mentre la bambina doveva andare a letto, aveva sonno e lei insisteva che dovesse restare sveglia. Alla fine la mia compagna infastidita uscì di casa, disse che andava a farsi una passeggiata, dopo un’oretta la polizia bussò a casa mia. Anche in quell’occasione la polizia non riscontrò nulla, e il poliziotto mi fece diverse raccomandazioni, tra cui quella di trovarmi un buon avvocato.
La Sua compagna l’ha accusato di violenza, ha mosso accuse gravi: nessuno ha pensato che quello che lei sosteneva fosse vero? Nessun poliziotto le ha fatto domande più stringenti?
No, non tra i poliziotti. Anche al secondo referto in ospedale, hanno solo riportato “la signora riferisce di aver subito dei colpi”, ma le hanno dato 7 giorni di prognosi per stress e violenza di genere.
Non c’erano ematomi o altri riscontri?
No.
Quella sera la mia compagna fece due denunce diverse, si inventò episodi di violenza e la fece alla sede dei Carabinieri che si trovava vicino a un centro antiviolenza.
A quel punto mi preoccupai sul serio e andai a fare un esposto nel quale denunciavo che temevo volesse prendersi la bambina. E feci un esposto per sottrazione di minore.
Mi sono fatto consigliare un avvocato che tratta proprio di queste cose e abbiamo fatto subito un’istanza al tribunale dei minori, un’istanza al tribunale ordinario e un 700 ( un provvedimento d’urgenza) sempre al tribunale ordinario.
Il 700 l’ho perso per motivi burocratici, però è stato utile perché lei si è costituita parte civile e ho potuto ricostruire tutto. L’istanza al tribunale ordinario è in riserva da un anno. Mentre il tribunale dei minori per prima cosa ha incaricato i servizi sociali di relazionare sulla vita della bambina, poi ha incaricato le forze dell’ordine di trovare immediatamente la bambina che nel frattempo mi era stata sottratta da 4 mesi.
La bambina era stata trasferita a Valmontone.
C’è stato un lungo periodo in cui lei ha trattenuto la bambina e ha fatto moltissime denunce. Ma nel frattempo faceva dei giochetti, tipo darmi appuntamento in parcheggi isolati al buio, magari per poi dire che io le avevo messo le mani addosso. A tutti gli appuntamenti mi sono fatto accompagnare, proprio per evitare che potesse inventarsi certe cose.
Quando poi ho potuto parlare con la bambina, pur essendo piccola, mi ha detto che nel centro antiviolenza nel quale la madre l’aveva portata le facevano urlare “papà è un mostro” e la spaventavano per metterla contro di me.
Lei sostiene che esiste un centro antiviolenza a Roma che indottrina i bambini a dichiarare determinate cose nei confronti dei padri?
Sì, erano le operatrici a farla urlare. È sempre una bambina di cinque anni, ma non è abituata a mentire.
Le relazioni psicologiche di questi centri, depositate al tribunale e realizzate con degli escamotage, raccontano di mia figlia come di una bulla che terrorizza gli altri compagni, che prende a cattive parole gli altri bambini. Cose che non corrispondono a lei, nemmeno il linguaggio che secondo loro lei utilizzava. Basta poco per vedere che non è così.
È sempre la mia parola, ma io sono disponibile a chiarire il tutto. Se riesco a sistemare le cose per mia figlia, a riaverne l’affido, io voglio denunciare questi centri, per evitare che creino altri problemi ad altre persone.
A livello legale non c’è ancora nulla di definitivo, perché il tribunale dei minori è temporaneo, poi c’è il reclamo, e quando termineremo con quello si passerà a quello ordinario.
Da settembre vedo mia figlia due volte la settimana e due weekend al mese. Lei il resto del tempo.
In questo momento mi interessa di mia figlia, certamente uscire pulito è una condizione necessaria e non sufficiente per mia figlia, io la battaglia la sto facendo per lei. Non è tanto l’essere accusati ingiustamente, quella è una cosa che se sei dotato di una buona razionalità, sai che la verità prima o poi verrà a galla, anche se socialmente ti rovina, anche a lavoro.
Chi mi conosce bene mi compatisce, e comunque non è un bel sentimento. Chi mi conosce superficialmente si sarà fatto i peggio dubbi. E questa è una cosa umiliante. Però io so di non aver fatto quello che viene detto e cerco di tenere la testa alta, anche se inizialmente la vergogna è stata tanta.
La cosa più avvilente non è tanto il fatto di essere accusati ingiustamente, ma è l’assenza di strumenti per difendersi, io mi sento discriminato.
*I fatti fin qui raccontati sono una versiona fornita dalla persona intervistata. La redazione di The Post Internazionale, e la giornalista responsabile dell’intervista, lasciano alla magistratura il compito di verificare la veridicità di quanto dichiarato e di procedere nelle sedi opportune.
Resta fermo l’invito a denunciare sempre e in tutte le sedi necessarie le violenze, fisiche o psicologiche.
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