Michele ha 23 anni, gioca a basket ed è di Trieste. Qualche anno fa gli è stato diagnosticato un tumore al testicolo sinistro.
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Da un giorno all’altro si è trovato a dover affrontare all’improvviso risonanze magnetiche, esami, tac, visite, fino a un’intervento di asportazione del testicolo. Questa patologia colpisce soprattutto la popolazione giovane, in genere tra i 20 e i 40 anni.
Nella fascia di età fino a 50 anni costituiscono il tipo di tumore principale (il 12 per cento di tutte le diagnosi nel genere maschile). Fino alla metà degli anni Settanta, nove uomini su 10 con tumore del testicolo morivano nel giro di un anno.
Oggi la guarigione avviene nel 95 per cento dei casi. Nel 2015 in Italia si sono registrati circa 2.000 casi, secondo quanto riferisce l’Associazione italiana per la ricerca sul cancro.
Michele ha deciso di raccontarci la sua storia, per superare la disinformazione e i tabù che circolano su un tema delicato e sottovalutato come il tumore al testicolo.
Quando e come hai scoperto di aver contratto il tumore al testicolo?
Ho scoperto la malattia a dicembre 2014. Era da un po’ di tempo che sentivo dei dolori nella parte inguinale e un senso di pesantezza al testicolo, soprattutto stando in piedi a lungo. Decisi di farmi vedere da un urologo sospettando un semplice varicocele, ma durante la visita il medico si mostrò subito molto preoccupato e con un’ecografia fatta il giorno dopo è venuto fuori tutto.
Come hai affrontato la malattia?
Per mia fortuna ho avuto poco tempo per metabolizzare la notizia. È successo tutto molto in fretta e nel giro di pochi giorni mi sono ritrovato in sala operatoria.
Certamente il momento più duro emotivamente è stato quando l’ho scoperto: ti assale uno sconforto incredibile e non ti riesci a dare delle risposte. Il pensiero che mi martellava la testa era il chiedermi come fosse possibile che tutto questo stesse accadendo proprio a me.
In qualche modo è normale pensare che a noi stessi queste cose non potrebbero mai capitare. Però non mi sono mai perso d’animo e ho cercato di rimanere concentrato su ciò che dovevo fare per guarire e in quel momento la priorità era affrontare l’operazione.
Quanto è durato tutto l’iter fino alla guarigione?
Purtroppo non posso ancora considerarmi del tutto guarito. Dopo l’operazione e l’asportazione del testicolo si entra in una fase di follow up che dura cinque anni.
Certo, la malattia non c’è più, ma si è sempre considerati a rischio. Adesso il testicolo destro è sano, quello sinistro c’è ed è di silicone. Si fanno molti controlli come esami del sangue, tac, risonanze magnetiche e visite dall’urologo. All’inizio sottoporsi a tutti questi esami è pesante, ma ci si abitua e in ogni caso è positivo farli perché si ha la possibilità di rimanere sempre controllati.
Cosa vuoi dire ai tuoi coetanei che spesso tendono a sottovalutare la propria salute?
Quello che mi sento sempre di consigliare è di non sottovalutare il fattore del tempo, mettere da parte eventuali paure o pregiudizi e farsi controllare. Questo però andrebbe fatto a prescindere e non solo se si sospetta di avere qualcosa.
Comunque credo che veramente scoprire le cose nei tempi giusti sia la chiave di una guarigione più facile e sicura. Trascurare certi segnali che ci manda il nostro corpo per pigrizia o perché non si conosce le eventuali problematiche è la cosa peggiore che si possa fare.
Come è la tua vita adesso? Gli interventi che hai subito o le terapie hanno lasciato conseguenze?
La mia vita ora è tale e quale a quella di prima. Fisicamente mi sento benissimo e sicuramente il non aver avuto bisogno di fare cicli di terapie ha influito su questo.
È un’esperienza che mi ha segnato molto, mi ha abbattuto in certi momenti ma non mollando mai ne sono uscito meglio di prima. Diciamo che qualcosa di buono la malattia te lo lascia, dal punto di vista caratteriale se ne esce molto più forti.
Lo voglio dire apertamente, mi reputo un ragazzo molto fortunato, nonostante tutto: fortunato per aver scoperto la malattia in tempo, fortunato perché ho avuto vicino a me persone che mi hanno dato forza
Cosa ti ha insegnato la tua lotta contro questa malattia?
Sicuramente ho imparato a non essere superficiale rispetto a certi problemi della vita quotidiana. Ho scoperto anche un mondo intorno a queste problematiche che non conoscevo: ci sono tanti studi e ricerche, ma anche tanta disinformazione e tabù assurdi.
Credo che i ragazzi dovrebbero avere più opportunità di conoscere e controllare certi temi: sono convinto che lo sport e la scuola debbano avere un ruolo fondamentale in questo. Fare prevenzione è il modo più semplice ed efficace per combattere questa malattia.
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