Lega e Movimento 5 Stelle hanno raggiunto un accordo, giovedì 24 gennaio, sulle trivellazioni in mare. Il punto di svolta, che prevede lo stop per 18 mesi della ricerca di idrocarburi in mare e un aumento dei canoni pari a 25 volte, è stato raggiunto dopo giorni di tensioni nella maggioranza e dopo le minacce di dimissioni del ministro dell’Ambiente Costa.
Le trivelle sono da tempo al centro del dibattito politico e delle discussioni sulla tutela delle risorse naturali. Nel 2016 si è tenuto un referendum abrogativo che le riguardava ma che non ha raggiunto il quorum, solo il 31 per cento della popolazione è andato a votare. Alle urne il voto riguardava l’ammissione o meno della norma che permetteva alle imprese, che avevano la concessione entro 12 miglia dalla cosa, di continuare con le estrazioni di idrocarburi fino al loro esaurimento.
Che cosa sono le trivelle. Per trivelle si intendono piattaforme petrolifere, vale a dire strutture installate in aree marine in cui sono presenti giacimenti di idrocarburi. Sono dotate di una o più torri per la perforazione di pozzi petroliferi.
Si dividono in piattaforme di produzione, ancorate al fondale marino, e in piattaforme di perforazione, che sono invece mobili. Le prime si trovano in prossimità dei pozzi petroliferi e, grazie alla loro struttura, riescono a lavorare anche quando le condizioni atmosferiche non sono favorevoli. Le seconde sono più piccole e in grado di spostarsi.
La torre di perforazione è la parte più visibile delle trivelle e può superare i sessanta metri di altezza. Dopo l’estrazione, il petrolio risale la condotta grazie alla pressione dell’acqua e dal gas presenti nel giacimento.
Le attività di perforazione hanno avuto inizio negli anni Trenta del Novecento nel golfo del Messico ma il loro utilizzo è aumentato negli anni Settanta. Negli anni Novanta le attività si sono spostate sui giacimenti di idrocarburi nei mari più profondi.