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Il tribunale di Bologna ha stabilito che Riina resterà in carcere

Una nuova ordinanza respinge le richieste degli avvocati sul differimento di pena o la detenzione domiciliare. I legali del boss annunciano un altro ricorso

Di Anna Ditta
Pubblicato il 20 Lug. 2017 alle 08:58

Il tribunale di sorveglianza di Bologna ha respinto la richiesta di differimento pena o, in alternativa, di detenzione domiciliare presentata dai legali del capomafia Totò Riina a causa delle sue condizioni di salute.

Il boss di Cosa Nostra resterà quindi detenuto al 41bis nel reparto riservato ai carcerati dell’ospedale di Parma.

L’ordinanza con cui la richiesta è stata rigettata riporta anche alcune dichiarazioni di Riina alla moglie Antonietta Bagarella in un colloquio video-registrato avvenuto lo scorso 27 febbraio.

“Io non mi pento, a me non mi piegheranno”, ha detto il boss. “Io non voglio chiedere niente a nessuno”, ha dichiarato riferendosi alle eventuali istanze da proporre, “mi posso fare anche 3mila anni no 30 anni”.

I giudici hanno sottolineato che “è degno di nota” il fatto che Riina asserisca che “non si piegherà e non si pentirà mai”. In un altro passaggio i coniugi affermano che i collaboratori di giustizia vengano pagati per dire il falso.

Secondo i magistrati la lucidità manifestata da Riina nel dialogo e la tipologia dei delitti commessi in passato fanno sì che, nonostante le condizioni di salute complessivamente considerate, rimane il pericolo che il boss possa commettere ulteriori gravi delitti.

Inoltre Riina, secondo i giudici, non potrebbe ricevere cure e assistenza migliori in un altro reparto ospedaliero o in detenzione domiciliare. Le cure somministrate al boss vengono definite “terapie di altissimo livello” nell’ordinanza, che ne sottolinea l’estrema tempestività di intervento.

L’avvocato del boss, Luca Cianfaroni, ha annunciato un nuovo ricorso contro il provvedimento. Una prima ordinanza che respingeva le richieste dei legali di Riina è stata annullata da una sentenza della Corte di Cassazione del 5 giugno 2017 per “difetto di motivazione”. La Corte suprema ha chiesto infatti ai giudici di prendere una nuova decisione più solida dal punto di vista delle motivazioni.

Dopo la sentenza era scoppiata una polemica sulla possibilità che Riina uscisse dal carcere. Anche Salvatore Borsellino, fratello del magistrato Paolo Borsellino, ucciso da Cosa Nostra nel 1992, è intervenuto al riguardo.

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