La polizia e i carabinieri hanno eseguito nelle prime ore di giovedì 19 aprile 2018 un blitz in provincia di Trapani contro una rete di boss e fiancheggiatori vicini al superboss latitante Matteo Messina Denaro.
Sono 21 le persone fermate nell’ambito di un’operazione che ha consentito di individuare la rete utilizzata dal capo di Cosa nostra per lo smistamento dei ‘pizzini’ con i quali dava le disposizioni agli affiliati.
Le indagini delle forze dell’ordine, coordinate dal procuratore di Palermo Francesco Lo Voi e dall’aggiunto Paolo Guido, hanno confermato sia il ruolo di vertice di Messina Denaro sulla provincia di Trapani sia quello del cognato, reggente del mandamento di Castelvetrano dopo l’arresto di altri familiari.
Tramite pedinamenti, appostamenti e intercettazioni è stato confermato che Cosa nostra esercita un controllo capillare del territorio e ricorre sistematicamente alle intimidazioni per infiltrare il tessuto economico e sociale.
Matteo Messina Denaro è considerato il capo assoluto dell’organizzazione criminale siciliana. È considerato tra i latitanti più ricercati del mondo (qui Chi sono i latitanti più ricercati d’Italia).
Nel 1993 fu tra gli organizzatori degli attentati dinamitardi di Roma, Milano e Firenze. In quegli stessi mesi andò in vacanza a Forte dei Marmi insieme con i fratelli Filippo e Giuseppe Graviano e da allora ha fatto perdere le proprie tracce.
Nei suoi confronti fu emesso un mandato di cattura per associazione mafiosa, omicidio, strage, devastazione, detenzione e porto di materiale esplosivo, furto e altri reati minori.
Tra i suoi crimini più efferati il sequestro del piccolo Giuseppe Di Matteo per costringere il padre Santino a ritrattare le sue rivelazioni sulla strage di Capaci, nella quale rimasero uccisi il giudice Giovanni Falcone, la moglie e tre uomini della scorta.
Dopo oltre due anni di di prigionia, il piccolo Di Matteo venne brutalmente strangolato e il cadavere buttato in un bidone pieno di acido.
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