“Se sopravvivo è per fare giustizia a mia figlia Tiziana. È lei che mi dà la forza. Se ripenso a quel pomeriggio quando vidi l’ambulanza sotto casa, l’auto dei carabinieri, non si può spiegare quello che ho provato. Ho sempre pensato a lei. Ho il dovere, in nome dell’amore che provo come madre, di difendere se non la sua vita, almeno la sua memoria”.
Sono le parole raccontate a TPI da Maria Teresa Giglio, madre di Tiziana Cantone, la 31enne campana che si uccise nel settembre del 2016 dopo che alcuni suoi video privati, che la mostravano mentre faceva sesso, erano stati diffusi su internet.
Maria Teresa Giglio non si arrende all’archiviazione del caso e ha lanciato una campagna di raccolta fondi per ottenere perizie tecniche e sostegno legale che consentano di chiedere di riaprire il caso per istigazione al suicidio e diffamazione nei confronti della figlia.
Sono passati quasi due anni dalla morte di Tiziana Cantone. La ragazza originaria di Mugnano, un paesino della provincia di Napoli, si suicidò dopo aver subito per più di un anno una vera e propria gogna mediatica e non solo a causa della diffusione in rete, contro il suo volere, di alcuni filmati hot che la vedevano protagonista. La mamma della ragazza non ha mai smesso di lottare per ottenere giustizia.
“Ho sempre cercato di raccontare le cose per come sono andate, non influenzata dal mio essere madre. Mia figlia era certamente come tanti altri ragazzi, aveva le sue storie, i suoi rapporti. Non ha mai avuto perversioni, tutto è cambiato quando ha deciso di andare a convivere con il fidanzato, allora quarantenne, Sergio Di Palo”.
È a lui che la madre attribuisce la colpa di aver diffuso quei video e sulla sua figura Maria Teresa Giglio nutre ancora molti dubbi.
“Ha iniziato questo rapporto nella primavera del 2014 e già lo conosceva da prima. Quest’uomo fin dall’inizio è stato sempre molto possessivo. Mia figlia è stata plagiata: è stato lui a spingerla ad avere rapporti con altri e a filmarli. Mia figlia soffriva di disturbi alimentari, aveva sofferto in età adolescenziale di problemi legati all’uso di psicofarmaci, ma quando ha conosciuto Sergio stava bene. Io visto un rapido cambiamento in lei fin dall’inizio del rapporto”.
Secondo la madre, Tiziana aveva alti e bassi, ma in quel periodo aveva anche subito una mastoplastica additiva per sentirsi meglio, poco dopo è iniziata la relazione con Sergio Di Palo.
“Trascorrevano molte ore al telefono, a litigare. Quando me lo presentò non ebbi una buona impressione. Mia figlia era una ragazza intelligente, era fragile perché si era sentita rifiutata dal padre, ma non credevo che potesse cadere in questa rete”, racconta la madre di Tiziana Cantone.
A ricevere i video, nell’aprile del 2015, furono due fratelli che vivono in Emilia Romagna, amici del fidanzato, che Tiziana aveva conosciuto, poi un utente di Facebook di cui è noto solo il “nickname” e, ancora, un terzo soggetto maschile.
Pochi giorni dopo, il il 25 aprile 2015, un primo video finì su un portale hard. Il 30 aprile il video era già popolarissimo soprattutto nel napoletano.
Ci volle poco tempo prima che la diffusione divenne capillare, dapprima tramite Whatsapp. A contribuire al triste successo c’è che lei è riconoscibile con nome e cognome, spesso compare nel titolo, si vede bene in volto: ma a spopolare è in particolare quello che in gergo si chiama “meme”, ossia la frase di lei “stai facendo un video? Bravo”.
“Tiziana sperava che quel gesto disperato ponesse fine al clamore e all’attenzione morbosa che fino a quel momento l’avevano interessata; purtroppo, così non è stato perché ancora c’è chi si permette di esprimere pubblicamente giudizi offensivi nei suoi confronti e continua a speculare sulla sua tragedia”, racconta la madre.
“Nonostante la gravità degli atti compiuti dapprima nei confronti di Tiziana, poi della sua memoria, e infine anche nei miei confronti (seguo un percorso di cure iniziato già da quando i video sono diventati virali) ad oggi non c’è nessun colpevole”.
A maggio 2015, la vita pubblica e privata di Tiziana Cantone diventa un videogioco al pari delle sue amicizie, del suo passato, dei dettagli più intimi, cose vere o false, non importa.
Tiziana diventa l’icona di pagine Facebook, vignette, parodie.
“Mia figlia ha retto questo clima per un anno e mezzo, è stata fin troppo forte a sopportare tutto questo. In questa storia c’entrano tante persone”.
Ormai devastata, Tiziana decise di mettersi nelle mani della civilista Roberta Foglia Manzillo, la quale chiese una serie di provvedimenti “d’urgenza”.
La denuncia di Tiziana si rivolgeva sia ai primi diffusori materiali dei video – quelli che li hanno messi sui social network – e sia, in un secondo momento, contro gli stessi social network che ospitavano i video o li avevano ospitati.
I soggetti sono moltissimi, tra questi Facebook Ireland, Yahoo Italia, Google, Youtube, Citynews, Appideas, Alaimo, Ambrosino. “Abbiamo ancora molte cause aperte”, racconta infatti la madre.
Una battaglia quella di Maria Teresa Giglio non solo per la figlia ma per tutte le donne vittime di quello che lei stessa definisce “femminicidio virtuale”.
“Non c’è una legge che protegga queste persone, e anche oggi sono ancora convinta che la Procura di Napoli nord non abbia eseguito tutte le indagini necessarie per risalire a chi abbia diffuso i video”.
“La giustizia per Tiziana serve a tutte le donne e in generale a tutta la società, per poter vivere in una società migliore – scrive Maria Teresa Giglio sulla raccolta fondi lanciata su GoFundMe – La raccolta fondi è quindi finalizzata a coprire le spese per i legali nominati e per i compensi per i vari consulenti tecnici che non si è potuto ancora nominare a causa della mancanza di disponibilità economica.
A settembre 2017, la Procura di Napoli Nord ha chiesto l’archiviazione dell’indagine per istigazione al suicidio. Ma per la madre è inconcepibile.
“Anche se gli inquirenti ritengono che non ci sia un responsabile per il suicidio, è inconcepibile che tutto finisca in un nulla di fatto”, racconta Maria Teresa Giglio.
“Io so chi ha girato il video della frase-tormentone (“Stai facendo un video?”), è stata una persona che conosceva e che conoscevo anche io. Era un ragazzo che aveva frequentato quando era più piccola”, prosegue la madre.
“La morte di mia figlia non deve essere vana, voglio che non capiti ad altre ragazze e che altre mamme non debbano soffrire in questo modo. È un dolore che ti scava l’anima”.
La notizia della tragica fine di Tiziana Cantone ha dato vita a un dibattito molto acceso è molto accesso sulla possibilità che anche questo, nonostante la maggiore età della vittima, possa essere considerato un caso di cyberbullismo.
Il cyber bullismo si è allargato al mondo degli adulti. Si sta superando l’immaginario che si tratti di un fenomeno che colpisce preadolescenti e adolescenti e questa è chiaramente un’evoluzione negativa del fenomeno.
In questo articolo abbiamo spiegato attraverso una serie di storie cos’è il cyber bullismo e qui cosa prevede la nuova legge approvata a maggio 2017.
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