La Soprintendenza del Ministero dei Beni culturali ha accertato che la spiaggia Tiberis, quella sul Tevere inaugurata ad agosto dall’amministrazione Raggi, è abusiva. Ma non soltanto: infatti pare che per gli interventi di realizzazione non siano state osservate le procedure di legge e dell’ambiente.
Adesso la struttura va smantellata e “i luoghi vanno ripristinati”. Dal canto suo l’amministrazione, al momento dell’inaugurazione, aveva garantito che l’arenile insieme a sdraio e campi da volley sarebbero rimasti aperti anche durante l’inverno.
Dal ministero, invece, arriva l’ordine di smantellare tutto lo stabilimento, perché quello che è stato fatto sull’argine del fiume rappresenta un “fattore di rischio per il paesaggio”. Quello che sottolinea la Soprintendenza è come l’amministrazione non avrebbe seguito le procedure di legge e dell’ambiente.
Ma non solo, perché dal Campidoglio non sarebbero state attivate le richieste di autorizzazioni necessarie dal Codice dei beni culturali per l’allestimento della spiaggia. La situazione, che già aveva sollevato non poche polemiche per il costo (il Campidoglio ha sborsato 240mila euro per la realizzazione della struttura) rischia di rivelarsi l’ennesimo boomerang per l’amministrazione Raggi.
In una nota del presidente della commissione capitolina Trasparenza, Marco Palumbo, si legge che già a settembre, nel corso di una commissione Trasparenza convocata proprio per discutere della spiaggia Tiberis, erano emersi diversi dubbi sul bilancio dell’iniziativa della Raggi, attorno alla quale già dall’inizio c’era stata poca chiarezza.
Il progetto della spiaggia è stato approntato in quattro e quattro otto, senza dettagli sufficienti rispetto al bilancio, ma anche rispetto ad alcuni corsi di educazione ambientale che avrebbero dovuto tenersi proprio lì alla spiaggia senza bandi pubblici, sulla base di scelte del tutto arbitrarie dell’amministrazione.
Come spiega ancora Palumbo, ora arriva la conferma che l’arenile acchittato dall’amministrazione Raggi non ha mai ricevuto l’autorizzazione da parte della Soprintendenza del ministero dei Beni culturali, che ora chiede che quei luoghi tornino come erano prima.
“Nel merito, il Campidoglio aveva taciuto, salvo poi vantarsi impropriamente di un’iniziativa del tutto abusiva, che peraltro non aveva neanche riscosso il tanto decantato successo di pubblico. In pratica, oltre al danno, la beffa: manderemo tutto alla Corte dei conti perché si profila un palese danno erariale in questa vicenda”, conclude Palumbo.
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