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Siti di interesse nazionale

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Di Caterina Michelotti
Pubblicato il 26 Nov. 2015 alle 09:40

testi di: Ilaria Dainesi and Chiara Marrabello 

Una ferita dell’Italia si chiama Sin, acronimo che sta per “Siti di interesse nazionale”. Si tratta di aree contaminate, a seguito di attività industriali, classificate dallo stato italiano come zone pericolose che necessitano di interventi di bonifica sia del suolo e del sottosuolo, sia delle acque superficiali e sotterranee.

Coprono il 3 per cento del territorio del nostro Paese. 1.800 chilometri quadrati di aree marine, lagunari e lacustri, 5.500 chilometri quadrati di aree terrestri coinvolte in danni sia di tipo ambientale sia sanitario (dati Greenpeace).

Gli studi condotti dall’Istituto Superiore di Sanità hanno analizzato le conseguenze drammatiche dell’inquinamento nella popolazione residente in aree Sin: oltre 10.000 decessi.

Istituiti con la legge n. 426 del 9 dicembre 1998, i Sin erano inizialmente 57. Sono stati ridotti a 39 ad inizio 2013 dal governo Monti; una decisione che però non corrisponde ad una reale diminuzione dell’inquinamento in queste aree.

Non c’è Regione italiana che non conti almeno un Sin. Tra il 2001 e il 2012 i fondi spesi per le bonifiche delle aree Sin ammontano a 3,6 miliardi di euro (il 52,5 per cento con fondi pubblici, il 47,5 per cento con risorse dei privati); il risanamento ambientale complessivo è stimato in 30 miliardi di euro.

Questa serie di foto esplora il paesaggio contaminato dei Sin della Regione Lombardia, compresi quelli di Bovisa e di Cerro al Lambro, divenuti di “interesse regionale” nel 2013, e quindi di competenza della regione anziché del Ministero dell’Ambiente.

(Nelle foto sotto: Pioltello)

Il Sin di Pioltello e Rodano è situato nella periferia est di Milano e include il Polo chimico industriale ubicato tra due comuni. Il sito è delimitato a nord dal tracciato ferroviario Milano-Treviglio e a sud dalla S.S. Rivoltana e dal Parco Agricolo Sud. Si tratta di un’area di circa 775.000 metri quadri di terreno colmo di scorie e rifiuti industriali. Il Sito di Interesse Nazionale include diverse aree industriali attive e l’ex area SISAS.

(Nelle foto sotto: Broni) 

La Cementifera Italiana Fibronit S.p.A. ha iniziato la lavorazione dell’amianto nel 1932, continuandola fino al 1994. La superficie del Sin è di circa 14 ha. Ad oggi, si stima che ci siano state circa 700 morti causate dalla stessa patologia tumorale: mesotelioma pleurico.

L’area ex Fibronit comprende depositi interni ed esterni di manufatti e rifiuti contenenti amianto. La patologia ha un periodo di latenza che può arrivare anche a 40 anni. È stato effettuato un censimento delle lastre di amianto presenti nel comune di Broni: si è scoperto che la superficie complessiva delle coperture di amianto è di circa 150.000 metri quadrati.

Il rischio sanitario e ambientale è costituito dal trasporto eolico di fibre libere di amianto, polveri e materiali da costruzione a base di amianto.

(Nelle foto sotto: Sesto San Giovanni)

Il perimetro comprende un territorio di circa 255 ha nel Comune di Sesto S. Giovanni. Le indagini di caratterizzazione hanno evidenziato una rilevante situazione di compromissione ambientale, dovuta a un diffuso inquinamento dei suoli da metalli pesanti, PCB, diossina e composti organici.

In riferimento alle acque di falda sussiste uno stato di contaminazione da nitrati, metalli (cromo totale, cromo esavalente, alluminio, ferro, nichel, piombo), toluene, idrocarburi e composti organo clorurati. Le aree dismesse sono e saranno oggetto di progetti di riqualificazione urbanistica.

Il Sin include le aree occupate a partire dal 1906 dall’attività degli stabilimenti siderurgici della Società Falck (dismessa nel 1995) e una parte delle aree dismesse della Breda e della Marelli.

(Nelle foto sotto: Mantova)

La superficie del Sin è di oltre 10 chilometri quadrati; si tratta di un’area in gran parte compresa all’interno del Parco del Mincio che interessa il 15% del territorio comunale. Comprende il Polo industriale, il lago di Mezzo, il lago Inferiore, il sito della Vallazza, alcuni tratti del fiume Mincio e le sue sponde.

Le aree lacustri e fluviali, a partire dagli anni ’50, sono state sottoposte agli scarichi provenienti dagli insediamenti industriali.

Negli anni 70’, alcune indagini del suolo hanno rilevato la contaminazione da metalli pesanti (in particolare mercurio) nelle aree lacustri e fluviali, e una presenza di idrocarburi, BTX, Cloroformio e Dicloroetano nelle aree industriali.

Per i sedimenti sono stati rilevati diversi inquinanti: metalli pesanti, solventi organici aromatici (stirene e cumene), idrocarburi leggeri e pesanti, IPA e PCB. Anche l’acqua di falda è stata contaminata: metalli, idrocarburi, solventi aromatici, IPA.

(Nelle foto sotto: Brescia)

Nel Sin di Brescia è stata riscontrata una contaminazione elevata e diffusa da PCB, PCDD/PCDF e Mercurio, che riguarda i terreni superficiali, i sedimenti delle rogge e i corsi idrici superficiali. Tre i comuni coinvolti: Brescia, Passirano e Castegnato. La Caffaro ha prodotto pcb dal 1932 al 1983.

In cinquant’anni sono state riversate nelle acque bresciane tonnellate di pcb. Nella falda il pcb è 543 volte sopra i limiti. Attorno allo stabilimento abitano 25.000 persone.

(Nella foto sotto: Bovisa)

Il sito ex­Gasometri, denominato anche Officina del gas della Bovisa, è di proprietà del Comune di Milano, che lo ha acquistato da Montedison nel 1981. Il sito è localizzato nella parte Nord Ovest di Milano, alla confluenza delle autostrade provenienti da Torino e Venezia Laghi.

L’Officina del gas della Bovisa fu progettata nel 1905 dall’Union Des Gaz di Parigi, strategicamente costruita nell’area Bovisa, dove erano presenti due linee ferroviarie che permettevano il trasporto del carbone fino all’impianto di produzione del gas. Fin dal 1908 l’area è stata interessata da diversi utilizzatori e da differenti processi produttivi.

L’impianto Bovisa ha fornito gas alla città di Milano  dal 1908 al 1991; i gasometri, costruiti per soddisfare la richiesta di gas manifatturato, cessarono la loro attività nel luglio 1994. L’area è parzialmente dismessa, attualmente assegnata dal Comune di Milano all’AEM, che conserva l’attività di distribuzione del metano e gestisce le officine, i magazzini e la nuova stazione di riduzione di pressione del metano.

Caratteristiche e tipologia dell’inquinamento: Metalli pesanti, Arsenico, Cadmio, Rame, Piombo, Zinco, presenza di ferrocianuri ­ BTEX, IPA; amianto.

(Nella foto sotto: Cerro)

Le aree interessate sono due discariche abusive di melme oleose a forte acidità, croste bituminose e terre decoloranti esauste, situate sulla sponda destra del fiume Lambro. Sono stati eseguiti gli interventi di messa in sicurezza d’emergenza e smaltimento di rifiuti, oltre che di smaltimento dei terreni inquinati.

photos and texts © Ilaria Dainesi and Chiara Marrabello. All Rights Reserved

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