A due giorni dal sisma e dalle intense nevicate che hanno messo in ginocchio diverse regioni del centro Italia, dove intere città e frazioni sono state letteralmente sepolte sotto metri di neve, la situazione è destinata a complicarsi per la mancanza di mezzi adeguati necessari per liberare le strade dai muri di neve e poter raggiungere le migliaia di famiglie isolate.
Dalle Marche all’Abruzzo, il problema è il medesimo: non ci sono mezzi spazzaneve, e quei pochi a disposizione impiegati sono risultati inadeguati. A Chieti, come hanno denunciato numerosi residenti, le cinque turbine spazzaneve di proprietà della Provincia sono rimaste ferme. Il motivo? Non ci sono conducenti e dipendenti che possano guidarli.
Inoltre, al dramma dell’Hotel Rigopiano di Farindola si sommano anche le altre realtà dove la situazione è altrettanto tragica. TPI ha raccolto una serie di testimonianze di alcuni residenti che hanno lanciato un appello attraverso Facebook e del sindaco del comune di Arsita, in provincia di Teramo, da giorni interamente isolato.
Nel paese di Arsita, che conta all’incirca 800 abitanti (escluse le frazioni), l’unica turbina spazzaneve è arrivata solo nella tarda serata di giovedì 19 gennaio, dopo 48 ore di attesa, con intere famiglie isolate all’interno delle loro abitazioni sepolte da cumuli di neve, che in alcune zone hanno raggiunto perfino i due/tre metri di altezza.
“Il paese di Arsita è completamente isolato. Ci sono persone che sono senza luce ed acqua da parecchi giorni. C’è soltanto una turbina che non è in grado di percorrere tutto il territorio e pertanto sono necessari altri mezzi”, scrive su Facebook un residente.
Situazione non troppo diversa a Cermignano, sempre nella provincia di Teramo, dove i residenti hanno lanciato un appello per la richiesta di soccorso. La zona più critica individuata è la frazione di Solagne Santa Maria, dove cinque famiglie con bambini e anziani e una persona con sindrome di down sono completamente isolati dal mondo da due giorni.
A queste richieste d’aiuto fanno eco quelle del sindaco del comune abruzzese, Enzo Lucci, raggiunto telefonicamente da TPI. “La neve è arrivata a sfiorare i tre metri, non abbiamo corrente elettrica da giorni e non possiamo usufruire di una linea telefonica, fatta eccezione per quella del comune”, ci spiega il primo cittadino.
“La situazione è davvero al limite. Abbiamo allertato tutti i mezzi, ma nessuno ci ha mai risposto. Non funziona nulla e ci sono otto frazioni totalmente isolate che non riusciamo in alcun modo a raggiungere. Abbiamo allertato la Protezione Civile, che ha risposto solo ieri (giovedì, N.d.R). Dobbiamo provvedere a spalare la neve servendoci di un’unica turbina spazzaneve, che percorre meno di un chilometri all’ora”.
“Per la giornata di oggi aspettiamo l’arrivo di un elicottero inviato da Campobasso, che ci permetterà di sorvolare le aree isolare e poter valutare così i danni causati”, replica la vicesindaca di Arsita, Catiuscia Cacciatore.
Il medesimo appello è stato lanciato da Marco Rinaldi, sindaco di Ussita, piccolo comune in provincia di Macerata, nelle Marche, anch’esso colpito duramente dalle intense nevicate degli ultimi giorni.
In un video messaggio affidato alla pagina ufficiale Facebook del Comune di Ussita, il primo cittadino ha parlato di un’emergenza sull’emergenza, facendo riferimento ai gravi disagi provocati dalle intense nevicate e al timore di possibili valanghe.
“Abbiamo difficoltà a raggiungere le frazioni di Casali e Vallestretta. Abbiamo chiesto l’intervento di due mezzi militari di grossa potenza. Nel frattempo è stato diramato il bollettino della Protezione civile che preannuncia un pericolo valanghe in zona Monterotondo e sulle montagne limitrofe. Ciò che ci preoccupa maggiormente è il pericolo di valanghe sulla zona di Vallestretta. Lì ci sono le stalle e gli allevatori”, dichiara il primo cittadino del comune maceratese.
(Qui sotto il video appello lanciato dal primo cittadino del comune di Ussita. L’articolo prosegue in basso)
Rinaldi ha poi affidato un suo sfogo sempre sulla pagina Facebook circa la difficoltà di reperire mezzi o l’inefficienza di quelli a disposizione: “Non ho parole !!!!! Sono su tutte le furie !!!!!!!! Stamattina è arrivata la turbina della Protezione civile finalmente, ma è rimasta bloccata a Calcara perché senza catene. Ci rendiamo conto?”.
(L’articolo prosegue in basso)
Comuni isolati, personale sul campo impossibilitato in molti casi a intervenire sia per la situazione impraticabile delle strade, sia per l’inadeguatezza dei mezzi a disposizione. Soprattutto ritardi nei soccorsi.
Per capire come e perché, TPI ha contattato il presidente dell’Istituto Nazionale Superiore di Formazione operativa della Protezione Civile, Giovan Battista Cicchetti Marchegiani, che ha fatto un punto sulle difficoltà riscontrate da molti sindaci dei comuni costretti ancora una volta a fronteggiare l’emergenza sisma, a cui si è sommata quella per la neve, e che ha posto l’accento sulle innumerevoli lacune.
Che cos’è che non ha funzionato anche stavolta? “Sono decenni che insistiamo sulla prevenzione, ma non riusciamo a farlo capire. Prevenzione e previsione potrebbero davvero aiutare a non rimanere impreparati davanti a questi fenomeni naturali. A questo proposito mi rivolgo a molti sindaci italiani, che in queste ore stanno lanciando appelli, e chiedo loro dove sono i loro piani di protezione civile. Pochi comuni lo hanno messo a punto”.
Sono parole durissime quelle pronunciate dal presidente dell’Insfo, che mettono a nudo una lacuna a livello nazionale ossia l’assenza totale di prevenzione. “Nei paesi del nord, il sale sulle strade lo spargono pure quando la neve non c’è. Qui ci si trova a dover fronteggiare fenomeni prevedibilissimi come un’intensa nevicata, sempre all’ultimo momento”.
Prevedere significa in molti casi, assicurare per tempo la viabilità delle strade ed evacuare chi si trova in situazioni di pericolo. “Dal 2011 portiamo avanti un’opera di sensibilizzazione sulla prevenzione. Se i miliardi spesi finora per fronteggiare l’emergenza sisma nel centro Italia fossero stati investiti in piani di prevenzione, non staremmo qui a contare le vittime”.
Fondi ridotti, mezzi insufficienti (a partire dagli spazzaneve) e ritardi nei soccorsi. “L’allerta meteo poi andava valutata diversamente. Evacuare le aree dove il pericolo era più tangibile e preoccuparsi di tenere le strade libere e percorribili era il minimo”, sottolinea il presidente. “Non dimentichiamo che in gioco c’è la sicurezza delle persone. La loro vita dev’essere al primo posto nella classifica delle priorità”.
In questi casi chi decide? “Basta dare uno sguardo ai destinatari dei bollettini meteo, che vanno dalle Regioni all’Anas fino ai sindaci. In caso di allerta, alla fine, è il primo cittadino che in teoria dovrebbe conoscere la criticità del territorio e deve pertanto adoperarsi per cercare di superarle”.
Spesso però, conclude amaro il presidente dell’Insfo: “I vertici regionali, i funzionari in molti casi non hanno la benché minima competenza di Protezione civile. Indossano una pettorina senza aver mai lavorato sul campo e senza sapere dove mettere le mani”.
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