31 ottobre 2002, ore 11.32. Una scossa di terremoto di magnitudo 6 fa tremare la terra all’incrocio tra Molise, Puglia e Abruzzo. Per sessanta lunghissimi secondi un sussulto continuo e inarrestabile sferza quel fazzoletto di terra fragile. È l’ultima scossa, la più potente, quella che arriva sempre, impietosa, al culmine dello sciame. Quella che distrugge. A San Giuliano di Puglia, provincia di Campobasso, poco distante dall’epicentro, sotto i colpi di quella scossa si sbriciola la scuola elementare “Francesco Jovine”.
I banchi sotto ai quali si erano riparati non hanno retto i quintali di cemento e detriti che si sgretolavano sopra le loro teste: 27 bambini e un’insegnante pagheranno il prezzo della negligenza di un paese che arranca a capire la vulnerabilità della terra e la necessità di ripensare le infrastrutture, inadeguate e ostili.
A poco più di 50 chilometri da San Giuliano c’è Fossalto. 1.299 anime appena, arroccate su una collina che guarda la valle. In questa piccola regione cerniera tra centro e sud, le distanze si accorciano e le dinamiche si ripetono.
A Fossalto il sindaco si chiama Nicola Manocchio. Viene eletto l’8 giugno del 2009 con un programma che prevede tre punti fondamentali: l’acquedotto, il polo sportivo e la scuola.
La scuola è il cuore pulsante delle vicende che si snodano tra le strade strette del paesino molisano. A pochi mesi dalla sua elezione, Manocchio scopre che l’edificio utilizzato come scuola aveva i pilastri non collegati alle travi di copertura, interrotti a metà. Non erano nemmeno collegati alle fondamenta. A rendere ancora più inquietante la scoperta, il fatto che dentro ai pilastri è stata trovata della carta.
Quella struttura, tre anni prima, era stata oggetto di un intervento di adeguamento sismico di circa 500mila euro, finanziati con i fondi post sisma. Fondi stanziati all’indomani dei 28 morti di San Giuliano di Puglia. In due tranche i soldi erano arrivati nelle tasche della ditta incaricata della ristrutturazione della scuola: 140mila euro prima e 280mila dopo.
“L’adeguamento sismico non c’è mai stato. E a dirlo non sono io, ma i tecnici che lo hanno verificato”. Alto, piazzato, con le mani grandi e gli occhi profondi, Nicola Manocchio spiega con la voce calda e l’inflessione dolce del sud come a Fossalto si sia sfiorata la tragedia.
Non solo travi a metà e carta. Una relazione tecnica presentata al processo parla anche dell’utilizzo di cemento di qualità inferiore rispetto a quella prevista nel progetto. È il 2009 e quell’anno sarà segnato da un altro grande terremoto, quello del 6 aprile a L’Aquila. 308 morti in tutto e l’inquietante dettaglio che torna dei materiali di scarsa qualità utilizzati nella costruzione degli edifici. Sotto la Casa dello Studente che ospitava gli universitari fuorisede nel capoluogo abruzzese morivano sepolte otto persone. La struttura, come si accerterà, crollava per la scadente qualità del calcestruzzo utilizzato.
A Fossalto, ditta, collaudatore ed ex sindaco finiscono a processo per truffa, falso ideologico e tentata strage colposa. Il processo di primo grado li ha assolti e non si è arrivati al giudizio di appello poiché il reato di falso ideologico nel frattempo è caduto in prescrizione.
“La certezza incontrovertibile è che la sentenza mette nero su bianco che gli atti di collaudo erano atti falsi. Avevano falsificato gli atti che consentivano di utilizzare quella scuola”, continua il sindaco.
Mentre le carte promettevano che la scuola era sicura, la struttura presentava criticità importanti che – in una delle regioni a più alto rischio sismico come il Molise – significava una minaccia costante alla vita dei bambini della scuola materna, elementare e media che ogni mattina, per tre anni, dal 2006 al 2009, entravano in classe al suono della campanella.
La prescrizione ha messo un punto alla storia lasciando impunito chi, negligente o incosciente, avrebbe potuto essere responsabile di un’altra catastrofe. A che sono servite le morti di San Giuliano di Puglia?
Un processo lungo, estenuante il cui esisto fa male quasi quanto l’assoluzione. “I loro tecnici sotto giuramento hanno certificato che quell’istituto non raggiungeva le percentuali di sicurezza prescritte dalle norme per le quali erano stati concessi i fondi. Ecco, mi sarei aspettato che qualcuno rinunciasse alla prescrizione per dimostrare quello che adesso va dicendo, cioè di aver agito bene”.
“Il reato si è prescritto ma il giudice ha detto con assoluta certezza che i documenti sono stati falsificati”. Ed è questa la briciola di soddisfazione che resta di anni fatti di angosce e tensioni.
Ma il sindaco non si è fermato. L’amministrazione ha chiesto e ottenuto un nuovo finanziamento. I lavori sono stati portati a termine ed entro novembre ci sarà l’inaugurazione della struttura: “Abbiamo fatto il consolidamento, per davvero questa volta. Abbiamo collegato i pilastri alle fondamenta, abbiamo fatto un intervento considerevole che consentirà a un centinaio di bambini di stare in una scuola sicura”.
Quello che manca – ancora e ancora – è un’attenzione capillare alle infrastrutture, soprattutto in zone sismiche come il Molise. I paesi medio piccoli, poi, subiscono l’abbandono delle istituzioni centrali. Si reggono sulle loro gambe fragili, si sostengono grazie alla forza delle comunità, coesi, quando fortunati, attorno a una amministrazione accorta e vigile. Come quella di Fossalto.
A spaventare è inoltre l’idea di una decurtazione dei fondi per il dissesto idrogeologico. “È un aspetto che mi preme in modo particolare, anche alla luce delle tragedie che hanno colpito ultimamente alcune zone d’Italia. Il Molise ha l’80 per cento del territorio idreogeologicamente dissestato. Abbiamo le strade provinciali e comunali completamente distrutte”.
Nel 2015 Manocchio aveva presentato un programma dettagliato con la mappatura delle frane e dei dissesti, con tanto di interventi necessari. Nessuno si aspettava che la situazione venisse risolta nel giro di un anno, ma la speranza era che almeno si mettesse mano alla situazione.
Lo scorso 18 gennaio, i cittadini di Fossalto, insieme al loro sindaco, hanno manifetsato per chiedere che la regione guardasse al territorio, che si prendesse cura finalmente di quelle strade sconquassate stanziando i fondi necessari per ripararle.
“La rifaremo anche il 19 gennaio prossimo, perché sono convinto che non sarà cambiato nulla rispetto a un anno fa. Ci sono un centinaio di persone che non riesce nemmeno a tornare a casa. Noi come amministrazione ci sforziamo di fare interventi di continua manutenzione, interventi tampone”, insufficienti, come ammette il sindaco stesso.
I fondi per il dissesto idrogeologico arrivano da regione e ministero dell’Ambiente e sono iscritti nel Repertorio Nazionale degli interventi per la Difesa del Suolo (Rendis). Gli interventi devono essere prima validati dalla regione, poi spetterà al ministero dell’Ambiente procedere all’attivazione dei fondi.
In seguito alle sollecitazioni del sindaco, dal ministero dell’Ambiente è arrivata solo la conferma della noncuranza della regione. Manocchi ha chiesto informazioni rispetto ai finanziamenti delle “opere necessarie alla mitigazione del rischio idrogeologico” in diverse frazioni del comune di Fossalto e dal ministero hanno fatto sapere che da parte della regione Molise non era arrivata alcuna validazione.
Arriverà solo ad aprile inoltrato quel via libera da Campobasso: “La regione, dopo diversi solleciti, discussioni e servizi sulla stampa, si è decisa a validare un intervento il 22 aprile, ma andiamo incontro alla stagione fredda e dal ministero non abbiamo avuto nessun riscontro”, spiega il sindaco.
Le responsabilità si rincorrono e in mano all’amministrazione rimane un pugno di mosche. Quello che si aspetta di capire ora è la posizione dell’attuale governo in merito alla questione delicatissima e trascurata del dissesto idrogeologico.
“Aspettiamo di capire se il dissesto idrogeologico sia tra le priorità che il governo, sia nazionale che regionale, ha, oppure se i cittadini continueranno a vivere sperando che non succeda nulla. Quando accadono le tragedie, sono tutti bravi ad intervenire e a mettere in moto solidarietà e fondi”, continua Manocchio.
Già, quanto vale la prevenzione? “Io il programma l’ho fatto, perché nessuno lo finanzia? Anzi, perché nessuno lo legge?”. Un sindaco fuori dal coro, che non piace a tanti, scomodo per certi versi perché non incline ad assecondare le regole non scritte della politica, deciso invece a sovvertirle e a cambiare rotta. “Non vivo di politica, parlo di cose concrete, che riguardano i cittadini e di certo sono inviso a chi si siede attorno ai caminetti per fare altre cose”, spiega Manocchi.
“La mia coscienza mi ha aiutato molto. La mia conoscenza anche. Sono 32 anni che lavoro col cemento armato, ma non serve molto per accorgersi che quei pilastri non erano collegati alle fondamenta. Hanno inaugurato la scuola, hanno festeggiato e noi abbiamo trovato carta e polistirolo nei pilastri”.
“C’è una parte della sentenza che condivido pienamente: non credo che si siano seduti al tavolo pianificando il crollo dell’edificio, per questo c’è stata l’assoluzione per dolo. Siamo di fronte, però, a superficialità, negligenza allo stato puro. E su questo non credo di poter essere smentito”. Non vanno a finire in galera, ma almeno non avrebbero dovuto esercitare più, dice fuori dai denti Manocchi.
Il problema, spiega ancora il primo cittadino di Fossalto, va oltre l’operazione di lucro compiuta sulla pelle dei bambini. Il problema è la mancanza di controllo da parte dell’organo che ha erogato il finanziamento. Perché non sono state condotte le dovute verifiche dopo l’intervento di adeguamento? Non si capacita di questo Manocchi, della totale negligenza, che era la stessa che aveva già ucciso a San Giuliano e a L’Aquila.
Una giustizia ingiusta, quella di Fossalto, che non cancella però i sorrisi dei bambini. “L’altra sera sono andato in pizzeria. Mi sono venuti incontro dei bambini ‘sindaco, sindaco, grazie per la scuola nuova’. Quel processo è stato ingiusto, ma c’è qualcosa che vale più di questo?”.
La passione politica trasuda da ogni poro di Manocchio. È un impegno dal sapore antico che si traduce in un imperativo morale al servizio della sua Fossalto. Mannocchio è l’espressione della vittoria del “noi” in un mondo piegato alla legge dell'”io”. È il ritratto non di un santo, ma di un amministratore giusto, di un Don Chisciotte che si batte contro i mulini a vento di un sistema stantio e dannoso. E ce la fa. La prova concreta sono quei bambini che da novembre entreranno in quella scuola forte e sicura.