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Sea Watch 3, Salvini: “Sta navigando verso Malta, in Italia porti chiusi”, ma la nave è a poche miglia dalla Sicilia

Di Laura Melissari
Pubblicato il 24 Gen. 2019 alle 09:02 Aggiornato il 24 Gen. 2019 alle 09:11

La nave Sea Watch 3, che sabato 19 gennaio ha tratto in salvo 47 persone, è in cerca di un porto sicuro e ha chiesto di sbarcare in Italia anche per l’imminente peggioramento delle condizioni meteorologiche.

Il vicepremier Matteo Salvini nella serata del 23 gennaio ha scritto: “Nave Ong sta navigando verso Malta, condizioni meteo in peggioramento. È necessario che Malta la accolga nel proprio porto, mentre Olanda sia pronta a collaborare con La Valletta per gestire sbarco e accoglienza con la regia di Bruxelles. In Italia i porti sono chiusi”.

La nave SeaWatch 3 questa mattina si trova vicinissima alle coste siciliane:

Questo è invece il percorso che la nave ha fatto dopo aver recuperato 47 naufraghi cinque giorni fa.

Il 22 gennaio l’imbarcazione si trovava al largo di Lampedusa ed era quello il porto più vicino e sicuro che avrebbe potuto garantire lo sbarco dei 47 migranti a bordo.

Nel mirino dell’ong battente bandiere olandese c’è soprattutto “l’Unione Europea” che sta “bloccando l’ultima nave di salvataggio rimasta, mentre centinaia di persone muoiono nel Mediterraneo”.

Sempre il 22 gennaio, “in base al regolamento SAR”, il capitano di Sea Watch 3 ha chiesto indicazione di un porto “di sicurezza” in cui sbarcare “il prima possibile”, ricordando come “non è responsabilità di Sea Watch” ma “delle autorità fornire una soluzione”.

L’Italia, a livello politico, continua a disinteressarsi del caso. Tutto è limitato a un commento, su Facebook, del ministro dell’Interno Matteo Salvini che subito dopo il salvataggio messo in atto da parte di Sea Watch 3 e alla conseguente richiesta di aiuto, si è limitato a questa risposta:

“Si scordi (Sea Watch, ndr) di ricominciare la solita manfrina del porto in Italia o del ‘Salvini cattivo’. In Italia no”. E ancora: “Vada a Berlino e faccia il giro lungo passando da Rotterdam, facendoli scendere ad Amburgo”.

Alle 16.11 del 23 gennaio Sea Watch 3 pubblicava un tweet in cui si chiedeva con urgenza un porto sicuro:

Matteo Salvini ancora una volta scrive: “In Italia i porti sono chiusi”, ma come abbiamo spiegato in questo articolo non solo i porti italiani non sono chiusi in questo momento, ma non lo sono mai stati, nemmeno dopo la vicenda della nave Diciotti e i primi proclami del vicepremier.

Il cruscotto informativo pubblicato dal Viminale, infatti, evidenzia come da quando Salvini ha dichiarato di aver chiuso i porti alle navi delle ong, sono sbarcati in Italia 3.293 migranti.

Il dato complessivo di dicembre 2018 è stato di 359 sbarchi.

Se è vero che il numero totale di sbarchi è diminuito considerevolmente nell’ultimo anno (23.370 nel 2018 a fronte di 119.369 del 2017), è invece falso che l’Italia abbia sbarrato la porta ai migranti impedendo loro di approdare via mare nei porti del nostro paese.

Come avevamo già spiegato in questo articolo, del resto, la decisione di chiudere i porti può comportare la violazione di convenzioni internazionali sui diritti umani come la Convenzione di Ginevra e la Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo (CEDU).

Il singolo stato ha infatti la facoltà di chiudere i porti impedendo l’accesso alle navi delle Ong. Tuttavia, se su quelle stesse navi vi sono persone in pericolo o che necessitano di assistenza immediata e di cure mediche urgenti, il rifiuto di farle attraccare nel proprio paese può determinare la violazione delle convenzioni sopracitate.

In Italia, inoltre, non esistono precedenti di chiusura nei porti alle navi delle Ong. Nel 2017, il ministro dell’Interno Minniti valutò l’ipotesi di non consentire l’accesso ai porti alle Ong che non battevano bandiera italiana. Non si arrivò però a una decisione effettiva in questo senso.

L’espressione “porti chiusi” utilizzata da Salvini, insomma, rappresenta la strumentalizzazione di un’emergenza umanitaria attraverso al diffusione di quella che è a tutti gli effetti una fake news.

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