Parigi ce la farà Pagare? E come? Che senso ha mettere a rischio le relazioni diplomatiche tra due paesi amici? E soprattutto, quali saranno le conseguenze del deterioramento dei rapporti tra palazzo Chigi e l’Eliseo? Sono le domande che in tanti si stanno facendo all’indomani del richiamo dell’Ambasciatore francese in Italia. (In questo articolo abbiamo fatto chiarezza su quali sono i punti dello scontro aperto tra Roma e Parigi).
Di seguito alcuni link utili per fare chiarezza sulla situazione:
“È consapevole il nostro vicepresidente del Consiglio delle conseguenze che il suo gesto provocherà per il suo e nostro paese? Oppure immagina che lo Stato francese, cui non difettano una certa idea di sé e una vena di irritabilità, possa contentarsi della gesticolazione diplomatica, destinata a rientrare?”, si chiede Lucio Caracciolo, direttore di Limes.
Caracciolo sostiene che sono tanti, potenzialmente, i dossier su cui i francesi “cercheranno di farci pagare pedaggio”: Libia, Ventimiglia, Alitalia e chi più ne ha più ne metta. Ma, mette in guardia l’esperto di Geopolitica, “i colpi saranno visibili a chi deve vederli, ma sparati con il silenziatore. I fuochi d’artificio darebbero importanza a chi non ne deve avere”.
“Vale la pena di mettere a repentaglio le relazioni con uno dei nostri principali partner commerciali e industriali, con un Paese amico, dove vivono 350mila connazionali?”, si chiede ancora più pragmaticamente l’analista Vittorio Parisi su Avvenire?
Sono tutti concordi nel dire che la mossa del richiamo del proprio ambasciatore rientra tra le questioni più gravi che due paesi amici possano affrontare, ma soprattutto inedita tra due paesi che fanno parte dell’Unione europea e della Nato.
E sono concordi nel dire che probabilmente una mossa che avrà un buon riscontro in termini elettorali alle prossime Europee per M5s e Lega, sia più che dannosa per gli interessi del paese.
È difficile quantificare quale sia il prezzo da pagare per lo sfilacciamento di un’amicizia tra due paesi storicamente alleati, pur con dei notevoli punti di attrito, ma un prezzo ci sarà. Abbiamo scherzato col fuoco? Il governo italiano ha veramente pensato che gli attacchi di questi mesi, più o meno giustificati, non portassero alla rottura diplomatica?
Lo scenario è inedito: difficile dire cosa possa succedere adesso, da momento che è una situazione senza precedenti in tempi moderni e in un contesto come quello comunitario in cui agiscono Francia e Italia.
L’Italia e la Francia condividono molti dossier: la road map sulla Libia, il tema scottante dell’immigrazione alla frontiera di Ventimiglia, i latitanti italiani che vivono in Francia in conseguenza alla cosiddetta dottrina Mitterand che “difendeva” i prigionieri politici degli anni di Piombo.
Sulla Libia Italia e Francia, che insieme a Russia ed Egitto sostengono il generale della Cirenaica Khalifa Haftar, invece di collaborare si scornano. Una concorrenza che non è tanto sul petrolio, ma politica perché il governo Sarraj di Tripoli appoggiato dall’Italia è legato ai Fratelli Musulmani, la parte perdente degli ultimi sviluppi delle primavere arabe. “Ecco perché mettersi d’accordo con la Francia non è semplice e ci mette da soli di fronte alla nostre responsabilità: riportare ordine sulla Tortuga libica. Per farlo dovremmo trovarci nuovi alleati sulla Sponda Sud in concorrenza con i francesi. Il match continua”, scrive Alberto Negri su TPI.
E ancora l’economia: al 2017 gli scambi commerciali tra i due Paesi sono aumentati del 8,3 per cento, superando i 76,6 miliardi di euro. Le esportazioni italiane sono superiori a quelle francesi in Italia, e la Francia rappresenta il secondo partner dell’Italia, seconda solo alla Germania. Il deterioramento delle relazioni diplomatiche, non potrà far altro che avere impatto anche su quello economico.
Nelle scorse ore è arrivata anche la notizia che Air France intende filarsi dal tentativo di salvataggio di Alitalia per “motivi politico-istituzionali”.
La crisi interessa anche la questione migranti, con Parigi che ha fatto sapere che “prenderà solo persone che hanno bisogno di protezione e non migranti economici e appoggerà l’Italia per chiedere rimpatri più efficaci in alcuni paesi africani a partire dal Senegal”.
La Francia quindi potrebbe rifiutarsi di prendere la propria quota di migranti salvati dalla Sea Watch 3 e sbarcati in Italia alcuni giorni fa dopo il trovato accordo con sei paesi europei per la loro distribuzione.
Il Ministero dell’interno “prende atto” della decisione della Francia, affermando che “anche i francesi non vogliono clandestini”.