Lunedì 9 luglio Sandro Veronesi ha scritto una lettera a Roberto Saviano, in cui invitava l’autore di Gomorra a unirsi a lui e “mettere i corpi” sui barconi dei migranti, testimoniando in prima persona la sofferenza di chi affronta viaggi della speranza per fuggire da guerre e persecuzioni.
“Metterci il corpo per me ha un significato solo: significa andare laggiù, dove lo scempio ha luogo, e starci, col proprio ingombro, le proprie necessità vitali, la propria resistenza, lì”, scriveva Veronesi.
“Pensa se il corpo ce lo mettesse Totti. Checco Zalone. O Claudio Baglioni. O Federica Pellegrini. O Jovanotti. O Sofia Goggia. O Celentano. O Monica Bellucci che fa da interprete dal francese. O Chiara Ferragni che allatta. O Giorgio Armani che compie 84 anni. Sulla nave”, proseguiva lo scrittore.
Dalle pagine del quotidiano Repubblica, Roberto Saviano ha risposto a Veronesi: “Condivido: dobbiamo chiamarci, guardarci negli occhi e tornare a superare la paura”, scrive Saviano.
“Capisco chi in questi anni ha smesso di intervenire perché bersagliato da feroci insulti sui social, perché divenuto oggetto di aggressioni sui giornali o in tv. Questi attacchi avvelenano la vita perché ti svegli la mattina con decine di messaggi di persone che ti invitano a tacere, magari per il tuo bene, perché se attacchi il potere, se ti schieri, diventi scomodo e ti viene tolto spazio. O magari ci sono persone che non ti cercano più perché ti sei schierato, o altre ancora che ti dicono che difendendo le Ong fai il gioco di Salvini”.
“A questi rispondo: non devo tacere io, ma dovete parlare voi, smentendo le bufale, una a una”.
Saviano ha lanciato quindi un appello a tutte le persone che si battono contro la linea del governo sui migranti e i metodi utilizzati per propagandarla:
“Dobbiamo chiamare a una insurrezione civile e democratica contro questa barbarie fondata sulla menzogna sistematica, ma non esiste un gesto unico. Ciascuno di noi, facendo il proprio lavoro con onestà, vivendo e trattando il prossimo con onestà, avrà fatto la sua parte”.
“Il lavoro è quello dei cooperanti sulle navi nel Mediterraneo, il lavoro è il nostro che ne scriviamo, il lavoro è del giornalista che informa in maniera corretta dando notizie senza fabbricare esche, il lavoro è della professoressa che a scuola insegna ai propri studenti ad avere fiducia nel prossimo, prima ancora che matematica, latino o italiano”.
“Sandro, prima ancora che a salire sulle imbarcazioni delle Ong attive nel Mediterraneo, invito le persone che hai citato, e tutte le altre che per mancanza di spazio non hai citato, a far sentire la propria voce senza aver paura, perché se la somma delle nostre paure dà spazio a questa barbarie, sarà il coraggio di tutti noi, uniti nelle nostre profonde diversità, a ricacciare questo rigurgito nella fogna da cui è uscito”.
“Caro Sandro, io ci sto, questa battaglia la combatto da anni e non ho alcuna paura di perdere perché sono certo di una cosa: saremo più grandi noi nella nostra sconfitta, che loro in questo barbaro trionfo”, conclude Saviano.
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