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La lettera di Sandro Veronesi a Saviano: “Mettiamo i nostri corpi sui barconi che salvano migranti”

Roberto Saviano

La missiva dello scrittore è stata pubblicata dal Corriere della Sera: "Metterci il corpo per me ha un significato solo: significa andare laggiù, dove lo scempio ha luogo, e starci, con la propria resistenza"

Di Luca Serafini
Pubblicato il 9 Lug. 2018 alle 09:21

Dalle pagine del Corriere della Sera, Sandro Veronesi ha scritto una lettera a Roberto Saviano. A parere di Veronesi, per contrastare davvero la retorica di chi parla di “pacchia” in riferimento ai viaggi della speranza dei migranti dalla Libia, è necessario  “metterci il corpo”.

“Metterci il corpo per me ha un significato solo: significa andare laggiù, dove lo scempio ha luogo, e starci, col proprio ingombro, le proprie necessità vitali, la propria resistenza, lì. Il corpo, il mezzo più estremo di lotta nella tradizione della non violenza”.

Veronesi si rivolge direttamente a Saviano: “Dunque, la prima domanda che ti rivolgo è: cosa pensi tu di questa — in fondo — banalità? Esagero? Che dici, Roberto, vaneggio? Ammesso che una di queste navi Ong che incrociano al largo delle acque libiche conceda qualche posto a bordo, pensi che i corpi più importanti del nostro Paese — cioè quelli più valorosi, più ammirati, più amati, più belli, più dotati, più preziosi, più popolari, più desiderati —, siano tutti impossibilitati a unirsi a me e a te, nell’occupare quei posti? Io, di certo, non basto. E nemmeno tu sei abbastanza”

“Ci vorrebbe, per dire, il commissario Montalbano, che ha il doppio di spettatori di quanti elettori abbia avuto la Lega a marzo, pensa se il corpo ce lo mettesse Totti. Checco Zalone. O Claudio Baglioni. O Federica Pellegrini. O Jovanotti. O Sofia Goggia. O Celentano. O Monica Bellucci che fa da interprete dal francese. O Chiara Ferragni che allatta. O Giorgio Armani che compie 84 anni. Sulla nave. Laggiù. In quel tratto di mare dove la gente viene lasciata morire per opportunismo, o far pressione su Malta, o su Macron”.

“Caro Roberto – continua Veronesi nella sua lettera – la nostra civiltà sta andando a picco, laggiù. Tutto il resto è rumore, è distrazione. Non credi che sia necessario attirare lo sguardo di tutti dove sta succedendo la cosa che ci toglie il sonno, senza distrarsi appresso alle provocazioni e alle manfrine di chi ne è responsabile?”.

“Bisogna uscirne, Roberto, e forse il corpo stavolta può aiutarci: il tuo, il mio, e quello di chi ha da perderci più di te e di me, se vorrà mettercelo”, conclude lo scrittore.

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