Il padre di Sana Cheema, la ragazza di 25 anni, cresciuta in Italia e di origini pakistane, uccisa lo scorso 21 aprile per aver rifiutato un matrimonio combinato, ha confessato di aver strangolato la figlia.
Secondo quanto riferiscono i media pakistani, Ghulam Mustafa ha raccontato di essersi fatto aiutare da uno dei figli maschi per strangolare la ragazza che si opponeva a un matrimonio con un suo parente. Nelle scorse ore l’autopsia aveva rivelato che alla ragazza è stato spezzato l’osso del collo.
L’uomo, 56 anni, che ha la cittadinanza italiana, è agli arresti da settimane in Pakistan insieme al figlio Adnan Mustafa e al fratello della ragazza, Mazhar Iqbal. Il delitto d’onore risale al giorno prima della prevista partenza di Sana per l’Italia.
Le autorità pakistane si erano occupate della riesumazione del corpo, sepolto in tutta fretta senza autorizzazione dai parenti e in una zona lontana da Mangowal, il villaggio d’origine. I due rischiano ora la pena di morte o l’ergastolo. Lo zio rimane sotto inchiesta.
L’esame medico legale effettuato sul corpo di Sana Cheema, eseguito dal Punjab Forensic Laboratory, aveva infatti riscontrato “fratture all’osso del collo”, prova di uno “strangolamento”.
I familiari hanno sempre sostenuto che la ragazza fosse morta per cause naturali presentando anche un certificato medico, risalente a pochi giorni prima della morte, nel quale si documentava un ricovero per bassa pressione.
Sana Cheema, secondo quanto denunciato dai suoi amici, sembra aver rifiutato un matrimonio combinato dalla famiglia e questo avrebbe scatenato la reazione della famiglia che uccidendola avrebbe messo a tacere la vergogna per questo rifiuto.
Sana era tornata a vivere da tre mesi e mezzo nel piccolo villaggio nei dintorni di Mangowal, nel distretto di Gujrat, dove è stata sepolta il giorno successivo alla sua morte.
Nessuno, al momento del decesso, aveva presentato denuncia. Il padre aveva spiegato che la ragazza era morta per un malore, forse un infarto.
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