Quello della Lega è un debito che sarà pagato in rate da 600mila euro l’anno. E per restituire i 46 milioni, al partito serviranno quasi ottant’anni.
Ma, nei confronti di un caso simile, quindi la ratizzazione su un vasto periodo di un debito ingente, Matteo Salvini non ha sempre mantenuto la stessa posizione.
Nel 2005 la società sportiva Lazio del presidente Lotito otteneva la dilazione in 23 anni del debito da oltre 140 milioni accumulato con il fisco.
E a quei tempi il vicepremier, che era europarlamentare della Lega Nord, aveva puntato il dito contro la decisione. Non solo: aveva guidato la protesta davanti alla sede della Lega calcio, in via Rossellini a Milano.
Come ricorda Repubblica, che cita l’Ansa, Salvini aveva dichiarato che ”i cittadini del Nord sono contrari a qualsiasi ipotesi di decreto spalmadebiti per le società di calcio, e anche a quelle norme che hanno consentito alla Lazio di Lotito di dilazionare i suoi debiti con il fisco”.
Salvini, in quell’occasione, aveva chiesto la cancellazione delle norme fiscali che prevedono sconti o dilazioni nei confronti del fisco. “Quelle norme”, diceva, “vanno cancellate. Cancellate per tutti a prescindere dal calcio. Al piccolo imprenditore i debiti fiscali non li toglie nessuno”.
Il primo ad avere ricordato il caso del 2005 è stato Alessio Pascucci, sindaco di Cerveteri e coordinatore nazionale di Italia in Comune, lo schieramento di sindaci di cui fa parte anche Federico Pizzarotti.
“Il segretario della Lega tira un sospiro di sollievo per l’accordo raggiunto con la procura di Genova che sequestrerà centomila euro a bimestre per ottant’anni ma, come spesso gli capita, dimentica gli attacchi pesanti sferrati alla Lazio e al presidente Claudio Lotito quando, nel lontano 2005 questi sottoscrisse con l’Agenzia delle Entrate la dilazione del debito della società di calcio”.
Il debito della Lazio era il triplo di quello maturato dalla Lega e l’accordo raggiunto col Fisco prevedeva che fosse saldato in tre rate in 23 anni. Invece, la soluzione raggiunta dalla Lega prevede una dilazione in 80 anni.
“Come a dire che il vero motto di Salvini è prima i leghisti, poi gli italiani”, conclude Pascucci.
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