“Sono partito nel 2008 da Kabul a 17 anni. Da solo. Ci fanno crescere da soli perché sanno che incontreremo molte difficoltà nella vita. Da Kabul al Pakistan è stato facile, ma da lì è diventato un viaggio completamente illegale. Ho viaggiato aggrappato sotto i tir, nei vani per le valigie, o insieme agli animali. Ho attraversato il confine di Pakistan, Iran, Turchia, Grecia, Italia”.
Questa è la storia di Baryali Waiz, un ragazzo afghano che ha percorso 5mila chilometri a piedi per arrivare in Italia e che oggi fa il mediatore culturale, studia alla John Cabot di Roma grazie a una generosa borsa di studio offertagli da un imprenditore iraniano. Parla sette lingue e ama l’Italia.
La fame, le guardie di frontiera che ti sparano a vista, le percosse, la detenzione illegale in Grecia solo perché non in possesso di documenti. Poi, finalmente, il tratto di mare tra Thessalonica e l’Italia, nascosto sotto un camion, trattenendo il respiro, per approdare nel porto di Bari. Un treno: destinazione Stazione Ostiense. E poco a poco una nuova vita.
“Il viaggio era tutto organizzato da una mafia, lì noi non sappiamo nemmeno chi sono i ragazzi che partiranno con noi. Ci dicono che sarà tutto tranquillo: le macchine, i passaggi, e invece si rischia la vita in ogni istante del viaggio.
Una volta entrati in Iran, si affronta la morte ogni secondo. Io ho perso metà amici.
Perché affronti la morte?
Perché sei illegale come la cocaina, come l’eroina, come la droga. I poliziotti iraniani hanno il permesso di sparare.
Cosa ricordi di quel viaggio?
Ho dormito sulla neve, nelle stalle con gli animali, senza mangiare e con metà faccia che non funzionava per il freddo. Ho trascorso sei mesi in prigione in Grecia perché non avevo i documenti. In Turchia, una notte ci chiamarono e ci portarono su una spiaggia, ci dissero “gonfiate il gommone”, e noi “va bene, facciamo tutto noi”. Ho pagato 13mila dollari per venire.
Molti si chiedono dove trovate i soldi…
Noi non veniamo qui per i 35 euro a giorno. Alcune delle nostre famiglie sono benestanti, i ragazzi che vengono, partono perché hanno dei problemi, sono perseguitati.
A nessuno piace lasciare la propria famiglia, il proprio territorio e sentirsi straniero, minacciato, guardato per strada. A me non piace, io voglio avere una vita dignitosa, camminare a testa alta, la sera incontrare la mia famiglia.
Non vedo le mie sorelle e i miei genitori da 10 anni.
Cosa vorresti dire al ministro Salvini?
Vorrei chiedergli di provare empatia come essere umano, di capire l’altro.
Io mi sento in un paese civile, europeo. Salvini è un europeo, è una persona civile. Non mi sarei mai aspettato certe affermazioni da lui, da un ministro.
Ti sei sentito accolto in Italia?
All’inizio tantissimo, è per questo che non vado da nessuna parte pur avendo tanti amici in Norvegia per esempio.
Io qui mi sento a casa. Qui ho avuto delle possibilità che l’Afghanistan non mi ha dato, voglio spendere tutte le mie energie sull’Italia e sulla cultura italiana.
Il popolo italiano non lo scorderò mia, è meraviglioso. Poi la politica cambia sempre, anche il clima.
Adesso non mi sento troppo sicuro sinceramente.
Come mai?
Per esempio, stamattina venivo qui e la gente mi guardava male, come se addosso avessi una bomba. Mi sono sentito male. Eppure ero vestito come gli altri italiani.
Mi sono chiesto: “Cos’ho che non va? Ho la barba troppo lunga? Sono nero? Ho i capelli bianchi? Cammino storto?”.
Da quando ci sono state le elezioni non sto bene mentalmente, ti giuro. Mi sento stressato. Non vado nemmeno più nel locale sotto casa a lavorare. Mi sento osservato.
Ci osservano dalla testa ai piedi.
Credi l’Italia sia razzista?
Per motivi politici ci mettono l’uno contro l’altro, immigrato contro immigrato, italiano contro immigrato e così via. Ma gli italiani non sono razzisti, ho tantissimi amici italiani.
Ho tanto rispetto per il ministro Salvini, sono ideologie politiche, lo so.
Stamattina ho letto un post su Twitter pubblicato da Salvini nel quale scriveva “State tranquilli, queste barche alle mie barche non trasportato clandestini”.
Io ho provato paura. Vivo in un paese il cui ministro la mattina si sveglia e invece di salutare il suo popolo, lo fa arrabbiare.
Io vivo qui da 10 anni, non voglio avere paura, voglio continuare e dare di più all’Italia. Qualunque risorsa voglio darla all’Italia. Quando andavo all’estero mi dicevano che sono italiano.
Prima combattevo per l’Italia, io voglio combattere per l’Italia. Se salvini va via? Noi sappiamo come gestire il popolo italiano meglio di Savini. Giuro. Non con la violenza, col sorriso.
Di seguito l’intervista-video integrale: