La giunta per le autorizzazioni al Senato si è riunita il 7 febbraio per esaminare la memoria depositata da Matteo Salvini. Il ministro dell’interno non è andato in audizione davanti la giunta, ma ha solo consegnato la memoria, redatta dall’avvocata Giulia Bongiorno, ministra della Pubblica Amministrazione.
La memoria difensiva di 16 pagine era corredata da una lettera del premier Conte, in cui ha ribadito di essere responsabile delle decisioni prese da Matteo Salvini, che sono decisioni condivise da tutto il governo.
E in particolare il premier si è definisce “responsabile” dell’indirizzo di politica sull’immigrazione del suo esecutivo, indirizzo che Salvini ha solo “attuato”.
“Le memorie sono irricevibili”, ha detto l’ex presidente del Senato Pietro Grasso e membro della giunta. Ma il presidente della Giunta Maurizio Gasparri le ha autorizzate.
Sulla vicenda Diciotti “non chiedo favori o aiutini a nessuno, ognuno voterà secondo coscienza”, aveva detto la mattina del 7 febbraio Matteo Salvini a Radio Anch’io.
“La politica deve decidere se ho agito nell’interesse del mio paese. Lascio che tutti leggano le carte, non chiedo favori o aiutini a nessuno, ognuno voterà secondo coscienza. Il Senato dovrà dire se quello di Salvini è stato un atto nell’interesse della sicurezza italiana per smuovere la comunità internazionale, per difendere la patria come prevede la costituzione”, ha detto ancora il ministro ribadendo la sua linea difensiva.
Sulla questione è intervenuto il presidente della Corte Costituzionale Giorgio Lattanzi.
“Qualunque reato può essere commesso da una persona o da più persone, come da un ministro, da più ministri o dall’intero governo, secondo i principi generali”, ha detto il presidente della Corte Costituzionale Giorgio Lattanzi.
“Se il tribunale dei ministri ritiene che un fatto integri un reato rimette il caso al Parlamento, il quale dovrà valutare se questo reato è stato commesso nell’interesse costituzionale dello Stato”,, ha osservato Lattanzi.
Il tribunale dei ministri dà quindi sia una valutazione giuridica che una valutazione politica con cui “la Camera o il Senato valutano se esiste tale interesse, se il reato è giustificato per soddisfare l’interesse pubblico costituzionalmente rilevante. Se è così il Parlamento non dà l’autorizzazione a procedere. È una valutazione politica, spetta al Parlamento”.
Leggi anche: Salvini e il caso Diciotti, 8 domande e risposte per fare chiarezza
L’incognita che grava sulla decisione della giunta è quella del Movimento Cinque Stelle, che non ha ancora deciso se voterà a favore o contro l’autorizzazione. (Qui abbiamo spiegato da chi è composta la giunta di 23 membri del Senato).
La difesa di Matteo Salvini si incentra sul fatto che la sua decisione sul no allo sbarco dei migranti della Diciotti, è stata in realtà una scelta “collegiale” di tutto il governo, come hanno sottolineato anche il premier Conte e i ministri Di Maio e Toninelli, prendendosi la responsabilità di quella decisione.
L’altro aspetto su cui punta Salvini è il fatto che a bordo, secondo lui, ci fossero terroristi e che la salute di nessuno è stata messa a rischio, dal momento che i migranti sulla nave, pur non potendo sbarcare, erano curati e assistiti.
E poi ancora, Salvini punta sul fatto della difesa dei confini nazionali, messa a rischio dall’arrivo in Italia dei migranti.
“Il rischio di infiltrazioni era emerso più volte, anche in occasione del comitato nazionale per l’ordine e la sicurezza pubblica che si era svolto pochi giorni prima in Calabria il 24 giugno 2018. Due tunisini sbarcati a Linosa erano risultati già espulsi dall’Italia nel 2015 per orientamenti filo-jihadisti”, scriver Salvini.
Il vicepremier accusa i giudici che hanno chiesto l’autorizzazione a procedere al Senato, di non aver tenuto dei racconti dei funzionari pubblici che avevano spiegato la questione della sicurezza pubblica.
Salvini poi aggiunge che il 22 agosto (giorno in cui fu dato via libera allo sbarco) “dei minori extracomunitari decisero di restare volontariamente a bordo per terminare un rito religioso per circa due ore, dalle 20.30 alle 22.30 e questo dimostra che non erano affatto stremati”.
La posizione del Movimento Cinque Stelle
L’alleato di governo della Lega, il M5s non ha ancora preso una decisione definitiva sull’autorizzazione a procedere, dal momento che si tratta di un tema delicatissimo. Il M5s è combattuto da un lato dalla storica presa di posizione sulla revoca dell’immunità parlamentare e dall’altro dal fatto che la decisione sulla Diciotti è stata presa dal governo giallo-verde di cui fa parte.
Di Maio deve decidere se continuare a rispettare il principio legalitario secondo cui tutti, anche i parlamentari, devono farsi processare come i comuni cittadini, o sostenere il suo alleato di governo.
La speranza iniziale dei 5 Stelle era che Salvini rinunciasse all’immunità, come da lui stesso affermato in principio, ma non è andata così: il ministro infatti ha cambiato idea, come ha spiegato in una lettera al Corriere della Sera.
“È in gioco la nostra credibilità, e quindi la nostra identità. So che siamo profondamente cambiati rispetto alle origini, ma tra i nostri valori c’è la convinzione che chi è nel Palazzo non possa godere di un trattamento differente”, dice Nicola Morra del Movimento Cinque Stelle, presidente della Commissione antimafia, intervistato da Il Fatto Quotidiano.
Per questo “dovremmo chiedere al ministro dell’Interno un’accettazione tranquilla delle decisioni della magistratura”, anche perché “non possiamo ridurci a fare i cassazionisti, dopo aver proposto un sistema giudiziario con due gradi di giudizio”.
Leggi l'articolo originale su TPI.it