Lo scorso maggio la Corte d’Assise di Appello di Firenze ha condannato Antonio Logli a 20 anni di reclusione –con rito abbreviato – perché ritenuto responsabile per il delitto e la soppressione di cadavere, con lo scopo di impedirne il ritrovamento in modo permanente, della moglie Roberta Ragusa, scomparsa la notte fra il 13 e il 14 gennaio 2012.
Una condanna che ha confermato quanto già scritto nella sentenza di primo grado del 21 dicembre 2016, emessa dal GUP del Tribunale di Pisa. E se invece il delitto di Roberta Ragusa fosse stato premeditato?
Nella sentenza di secondo grado i Giudici hanno scritto in calce che “in qualunque modo ne abbia cagionato la morte, il mancato rinvenimento del corpo nonostante le già illustrate massicce ricerche, e a prescindere dalla circostanza tecnica che non sia stata contestata la premeditazione, indica chiaramente che l’imputato si fosse comunque già prefigurato nei dettagli l’evidenza della soppressione della moglie, ponendosi e con un certo anticipo il problema di disfarsi del cadavere”.
“Tecnicamente a Logli non è stato contestato l’omicidio di premeditazione, quindi lui non risponde di omicidio premeditato” dice a TPI l’avvocato Nicodemo Gentile, parte civile per l’Associazione Penelope nel processo contro Antonio Logli.
“Non è da escludere che lui, vista la situazione di contrasto e di tensione che esisteva all’interno della coppia, si fosse già prefigurato la possibilità di sopprimere il corpo. Ecco perché la Corte dice che questa potrebbe essere la ragione del mancato ritrovamento del cadavere”.
Il Reparto Operativo- Nucleo Investigativo del Comando Provinciale di Pisa ha svolto le ricerche in modo capillare, ma purtroppo con esiti negativi. Il corpo di Roberta Ragusa non è mai stato ritrovato.
Erano le 13.32 del 14 gennaio 2012, quando Antonio Logli denuncia, presso la Stazione dei Carabinieri di San Giuliano Terme, la scomparsa della moglie Roberta Ragusa, che ritiene essersi allontanata di casa tra la mezzanotte e le 6.45 dello stesso giorno in uno stato confusionale cagionato da un incidente domestico avvenuto qualche giorno prima, e nel corso del quale la donna avrebbe battuto la testa.
Logli dichiara agli inquirenti di essersi svegliato alle 6.45 e di non aver trovato la moglie accanto a lui nel letto. Dopo aver controllato la porta d’ingresso che non risultava chiusa a chiave, conclude che che la moglie Roberta si sia allontanata da casa con un pigiama di colore rosa.
I vestiti indossati da Roberta il giorno prima erano ancora sulla poltrona, così come le chiavi, il cellulare, i documenti, la sua borsa, i soldi e tutti i suoi effetti personali.
Pochi giorni prima della scomparsa, mentre sistemavano alcuni scatoloni nel controsoffitto, Logli aveva perso l’equilibrio ed era caduto addosso alla moglie facendole battere la testa. Malgrado Roberta non lamentasse dolori, il giorno precedente alla scomparsa si era recata dal medico di fiducia.
In merito all’incidente domestico, Roberta avrebbe detto ad alcune amiche: “Ha provato ad ammazzarmi”. Successivamente avrebbe corretto l’affermazione con “mi ha quasi ammazzato…ma non l’ha mica fatto apposta”.
La caduta dalla scala viene considerata da Roberta come la “riprova degli intenti aggressivi e omicidiari coltivati dal marito nei suoi confronti”, scrivono i giudici.
La sera del 13 gennaio, giorno della scomparsa, Logli si era recato presso l’autoscuola, era poi ritornato a casa, mentre Roberta si trovava in cucina. Intorno alla mezzanotte, Roberta stava compilando la lista della spesa e guardava la tv, il marito invece era andato a letto.
Il quadro familiare emerso nei giorni successivi alla scomparsa, però, ha portato alla luce una situazione complessa e tutt’altro che idilliaca. La coppia, infatti, stava affrontando una profonda crisi coniugale causata dalla relazione che Antonio Logli aveva da circa otto anni con Sara Calzolaio, collaboratrice dell’autoscuola.
Lo stesso Logli ha ammesso la circostanza. Roberta era molto attaccata ai valori familiari ma anche pronta a separarsi dal marito alla luce di quanto aveva scoperto. Logli denuncia la scomparsa della moglie soltanto alle 13.22 e soltanto alle 10.30 va alla sua ricerca.
I Carabinieri avviano immediatamente le indagini e con l’ausilio delle unità cinofile, perlustrano il campo sopra la ferrovia, dietro la proprietà dei Logli, sopra Via Gigli, nel tratto compreso tra il passaggio a livello e Via Dini.
Logli si dimostra sin da subito scettico circa il ritorno della moglie, delegando le ricerche alla sola polizia giudiziaria. La mattina del 15 gennaio, più persone notano nel sopracciglio sinistro sulla fronte di Logli un graffio.
Egli riferisce versioni contrastanti: ad una persona vicina dice di aver battuto su uno spigolo o in un angolo, ai carabinieri di San Giuliano Terme invece di essersi graffiato con i rami di una pianta d’ulivo.
Le indagini proseguono senza sosta ed emerge che la notte fra il 13 e il 14 gennaio 2012, tra Antonio Logli e Sara Calzonaio, intercorsero tre conversazioni: la prima alle 23.08, che terminò 45 minuti dopo, alle 23.53 e fu preceduta da una chiamata senza risposta.
La seconda ebbe inizio alle 23.56 e terminò alle 00.16, della durata di 20 minuti. La terza durò 28 secondi e iniziò alle 00.17. Dati importanti per ricostruire la scomparsa di Roberta.
La mattina del 14 gennaio, Sara afferma di aver ricevuto una chiamata da Logli intorno alle 7.30 per riferirle che la moglie era scomparsa e per chiederle di tenere nascosta la loro relazione. La sera del 15 gennaio, Logli intima a Sara di buttare i cellulari e di cancellare i messaggi di posta elettronica.
La deposizione del supertestimone Loris Gozi, resa in sede di incidente probatorio il 30 aprile 2013, si rivela fondamentale per la vicenda.
Gozi, vicino di casa dei Logli, riferisce che la notte fra il 13 e il 14 gennaio 2012, tornando a casa dopo essere andato a prendere la moglie alla fine del turno lavorativo, percorrendo Via Dini vedeva intorno alle 0.20 su Via Gigli una Ford Escort scura con i fari spenti parcheggiata sul lato destro della strada.
Riconosce Logli che cercava di nascondere il viso con la mano e lo dice alla moglie. Arrivato a casa, Gozi esce a piedi con il cane intorno alle ore 1.00 o 1.30 e nota una Citroen di piccola cilindrata quasi nella stessa posizione dove prima c’era la Ford.
Nel camminare, Gozi riconosce una sagoma maschile e una femminile. L’uomo era aggressivo e voleva caricare la donna in auto con la forza, quest’ultima invece era spaventata, gridava e chiedeva aiuto.
Gozi riconosce solo l’uomo, secondo quando racconta agli inquirenti, affermando che somigliava ad Antonio Logli.
Il giorno successivo, Logli si recherà a casa di Gozi in compagnia di un uomo tra le ore 10 e le 11.30 e chiederà loro di poter guardare all’interno della loro proprietà, mostrando una foto della moglie scomparsa.
Nel pomeriggio dello stesso giorno, Logli ritorna nuovamente in quella casa per parlare con Anita Gombi, moglie di Gozi.
Quest’ultimo inizialmente non si mostra particolarmente incline a collaborare con gli inquirenti, ma successivamente, messo alle strette, racconta quanto a sua conoscenza.
Dagli accertamenti effettuati, la tesi che Roberta possa essere fuggita con un altro uomo non regge. Non c’è nessuna traccia di relazioni extraconiugali nella sua vita.
La sentenza mette in luce alcuni fattori ritenuti determinanti, come l’esperimento fatto da Logli in compagnia di un suo collaboratore dell’autoscuola poco dopo che la trasmissione di Rai3 “Chi l’ha visto?”, il 23 gennaio 2013, divulga la notizia in merito all’esistenza di un testimone che avrebbe visto Logli la notte della scomparsa mentre litigava con una donna in via Dini.
Logli e l’amico salgono a bordo della Ford Escort e nel corso di una conversazione intercettata alle ore 18.14 del 25 gennaio 2013, Logli chiede all’amico di guardare all’interno di un’autovettura parcheggiata in Via Gigli a luci spente.
Dopo aver chiesto all’amico se si vedesse qualcosa all’interno dell’autovettura, e aver ricevuto una risposta negativa, commenta: “Come possono dire una bugia del genere”. Logli diede quindi prova di conoscere fatti e circostanze non ancora note se non a testimoni e investigatori: solo Gozi aveva dichiarato agli inquirenti di aver visto Logli nell’auto a fari spenti, in Via Gigli, mentre litigava.
Le motivazioni del delitto si possono ricercare nell’irreversibile crisi matrimoniale in cui versava la coppia a causa della relazione del marito con la dipendente dell’autoscuola, di cui la vittima era ormai a conoscenza, ignorando però l’identità dell’amante.
C’erano inoltre interessi economici legati alla partecipazione attiva della Ragusa nella società. Dalle numerose testimonianze raccolte dagli inquirenti è emerso che Roberta stava considerando l’ipotesi di separarsi dal marito, che dal suo canto temeva il contraccolpo sul fronte economico.
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