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Rita Atria, la storia della giovane testimone di giustizia che morì suicida 26 anni fa

Rita Atria

Ventisei anni fa la 18enne di Partanna, in provincia di Trapani, si toglieva la vita. Figlia e sorella di mafiosi, aveva iniziato a collaborare con il magistrato Paolo Borsellino

Di Anna Ditta
Pubblicato il 26 Lug. 2018 alle 17:59 Aggiornato il 26 Lug. 2018 alle 18:03

Il 26 luglio 1992 a Roma una giovane di 18 anni si toglieva la vita lanciandosi dal settimo piano della palazzina al civico 23 di viale Amelia.

Rita non era una ragazza come le altre. Aveva un coraggio fuori dal comune e una consapevolezza precoce per la sua età. La vita l’ha messa da subito di fronte a sfide molto complicate.

Suo padre, Vito Atria, era un mafioso appartenente a una cosca di Partanna, un centro nella parte trapanese della Valle del Belice, in Sicilia. Rita lo perde quando ha solo 11 anni, nel 1985, ucciso in un agguato mafioso.

Il figlio Nicola, fratello di Rita, fino a quel momento estraneo alle dinamiche mafiose, decide di vendicare la morte del padre. Inizia a lavorare per Cosa Nostra e confida alla giovane sorella, a cui era molto legato, quello che apprende sulle attività della mafia.

Anche Nicola però viene ucciso dai sicari della mafia a giugno del 1991. Sua moglie Piera Aiello, che era presente all’omicidio, denuncia i due assassini e inizia a collaborare con i magistrati di Marsala, all’epoca guidati da Paolo Borsellino.

Dopo qualche giorno, a soli 17 anni, Rita decide di seguire le orme della cognata Piera e diventare testimone di giustizia (non collaboratrice, dal momento che non aveva commesso alcun reato).

Una mattina finge di andare a scuola e invece va in procura, dove inizia a raccontare ai magistrati Alessandra Camassa della procura di Marsala e Morena Plazzi della procura di Sciacca.

Rita viene messa sotto protezione trasferita in una località segreta a Roma, dove vive già Piera con la figlia Vita Maria. Le testimonianze di Rita e di Piera, insieme a quelle di alcuni pentiti, permettono di arrestare numerosi mafiosi del trapanese e di avviare un’indagine sull’onorevole democristiano Vincenzino Culicchia, per trent’anni sindaco di Partanna, che poi però viene assolto.

La collaborazione di Rita però non viene ben vista dalla madre, che non vuole più vederla.

Dopo un periodo in cui la vita di Rita e Piera nella capitale sembra essere più serena, il 19 luglio 1992 il magistrato Paolo Borsellino viene ucciso da Cosa Nostra sotto la casa della madre, a via d’Amelio a Palermo.

A quel punto Rita si trova nuovamente senza il sostegno di una figura di riferimento, quello che per lei era diventato lo “zio Paolo”. Una settimana dopo l’uccisione del giudice si toglie la vita.

Nel 2013 Piera Aiello ha raccontato la sua storia e quella di Rita nel libro Maledetta Mafia.

Il 26 luglio 2017 l’Associazione Antimafie “Rita Atria” ricorderà la giovane testimone di giustizia presso la sua ultima casa, quella di viale Amelia 23, a Roma, alle ore 19.

Vogliamo ricordare Rita con alcuni brani tratti dal diario in cui raccoglieva le sue riflessioni:

Sull’uccisione del fratello Nicola

Mio Dio, 
perché mi togli sempre troppo presto ciò che amo. 
Ti prego toglimi il cuore ma non farmi soffrire, non farmi tenere tra le mani ciò che non potrà mai essere mio.[…] 
Sono quasi le 9 di sera, sono triste e demoralizzata forse perché non riesco più a sognare, nei miei occhi vedo tanto buio e tanta oscurità. 
Non mi preoccupa il fatto che dovrò morire ma che non riuscirò mai ad essere amata da nessuno. 

Non riuscirò mai ad essere felice e a realizzare i miei sogni. Vorrei tanto poter avere Nicola vicino a me, poter avere le sue carezze e i suoi abbracci, ne ho tanto bisogno, e, l’unica cosa che riesco a fare, è piangere, ma vorrei tanto il mio Nicola. 

Nessuno potrà mai colmare il vuoto che c’è dentro di me, quel vuoto incolmabile che tutti, a poco a poco, hanno aumentato. Non ho più niente e nessuno, non possiedo altro che briciole. Non riesco a distinguere il bene dal male, tanto ormai è tutto così cupo e così squallido. 

Credevo che il tempo potesse guarire tutte le ferite. Invece no. Il tempo le apre sempre più fino ad ucciderti, lentamente. 

Quando finirà quest’incubo? 

Sulle minacce ricevute dalla mafia:

L’una di notte e non riesco a dormire. Sono molto preoccupata e per la prima volta dopo la morte di Nicola ho una gran paura, non per me, ma per mia madre. Il motivo è che stasera, alle 11,35 circa, ho sentito bussare alla porta. Io e mia madre eravamo sveglie, ma le luci erano spente, mia madre dopo che hanno continuato a bussare insistentemente, ha chiesto chi era, e una voce ha risposto che era Andrea e che era venuto a fare visita. Mia madre non l’ha riconosciuto e gli ha chiesto di andare via, ma lui insisteva, io invece ho riconosciuto subito la voce, non appena l’ho sentito parlare: era Andrea D’Anna, il ragazzo che mio padre faceva lavorare con lui in campagna, e che il giorno del suo assassinio lo accompagnava nei campi. Andrea ha insistito dicendo che voleva entrare, ma dopo che mia madre gli ha detto più volte di andarsene, perché era tardi, lui si è finalmente deciso e si è diretto verso il vicolo che è di fronte a casa mia, e che arriva alla strada prima della nostra , cioè la via Manzoni.

Dopo un po’ ho sentito il rumore di una macchina che partiva, ho detto a mia madre chi era, perché lei ancora non lo aveva capito. Andrea non veniva a casa mia da più di cinque anni, ma la cosa di cui sono sicura è che è venuto per uccidermi, perché conosco le amicizie che ha con gli appartenenti al clan degli Accardo. So benissimo che porta sempre con sé una pistola e che dopo aver smesso di lavorare da noi, si fa comprare per fare i lavori più sporchi e illeciti che vi siano. (…) Stasera Andrea non era ubriaco, era capace di fare ciò che gli Accardo, per mezzo dei suoi soldatini, hanno ordinato di fare, cioè uccidere me e mia madre. In lui c’era troppa insistenza gentile. Ho detto a mia madre che era tutto a posto, ho inventato delle scuse per tranquillizzarla, ma ho proprio paura che domani mi uccideranno. Spero che le mie paure siano infondate, ma in caso contrario spero non facciano del male a mia madre, la mia paura è per lei, non posso lasciarla nei guai. Domani avvertirò il brigadiere, ma prima devo assicurarmi che mia madre sia al sicuro. Spero non sia l’ultima volta che scrivo in questo quaderno.

Speranza

Attendere chi. O cosa?…
Forse una speranza
l’illusione di cambiare ciò che ti circonda
talmente complicato perché sai che mai
ciò che è stato rubato ti potrà essere restituito
puoi gridare, piangere, soffrire,
ma nessuno ascolterà, nessuno ti capirà
anzi ti giudicherà. 

Rita a Roma

È notte e nel cielo c’è soltanto silenzio
e un gran buio
la città intorno a me è ancora sveglia
e piena di luci
ascolto ma non sento
Quella città è troppo lontana da me
o forse io da lei
Comunque sia non sapere
qual è la mia città mi fa solo capire
quanto sia dolce il dolore
che ci lega ai suoi ricordi.

Dopo la morte di Paolo Borsellino:

Ora che è morto Borsellino, nessuno può capire che vuoto ha lasciato nella mia vita.
Tutti hanno paura ma io l’unica cosa di cui ho paura è che lo Stato mafioso vincerà e quei poveri scemi che combattono contro i mulini a vento saranno uccisi. 
Prima di combattere la mafia devi farti un auto-esame di coscienza e poi, dopo aver sconfitto la mafia dentro di te, puoi combarrete la mafia che c’è nel giro dei tuoi amici, la mafia siamo noi ed il nostro modo sbagliato di comportarsi.

Borsellino, sei morto per ciò in cui credevi
ma io senza di te sono morta.
(I brani sono tratti dal sito dell’Associazione Antimafie Rita Atria dove se ne possono leggere altri)

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