I soldi di stipendi e rimborsi che vengono restituiti dai parlamentari del Movimento Cinque Stelle è previsto che finiscano, in ultima istanza, all’associazione Rousseau, presieduta da Davide Casaleggio. Lo ha rivelato un documento interno del movimento, pubblicato dall’agenzia AdnKronos. Alcuni parlamentari Cinque Stelle non sono d’accordo con questa regola e hanno manifestato il loro disappunto.
Le cose stanno così. Parallelamente al M5S, il 7 agosto 2018 è stato costituito un “comitato per le rendicontazioni e i rimborsi del Movimento 5 Stelle” incaricato di “curare attivamente l’organizzazione, l’amministrazione, il coordinamento, la disciplina, la rendicontazione e la gestione delle restituzioni degli stipendi e dei rimborsi” dei parlamentari pentastellati.
Il comitato è presieduto dal capo politico del movimento, Luigi Di Maio, e dai due capigruppo alla Camera e al Senato, Francesco D’Uva e Stefano Patuanelli.
Nell’atto costitutivo si legge che “allo scioglimento del comitato, dovessero restare fondi a disposizione, questi verranno devoluti all’Associazione Rousseau”. È questo il punto incriminato.
“Non è concepibile che una associazione privata sia la destinataria di eventuali fondi residui”, protesta la senatrice dissidente M5S Paola Nugnes, interpellata sempre da AdnKronos. “È pazzesco, il nostro impegno è quello di restituire i soldi allo Stato e ogni altra destinazione decisa da un fantomatico comitato non è quanto stabilito nei nostri impegni”.
Anche la senatrice Elena Fattori non nasconde il suo malumore: “Queste decisioni vanno prese in modo collegiale con votazioni collegiali”. “Noi ci siamo impegnati a restituire i soldi ai cittadini non a Casaleggio”, osserva.
In base al “Regolamento relativo al trattamento economico degli eletti del Movimento 5 Stelle” [qui il documento], i parlamentari devono restituire almeno 2mila euro al mese e possono trattenere un importo forfettario di 3mila euro mensili, che diventano 2mila per chi risiede in provincia di Roma. Inoltre è previsto un “contributo Rousseau” di 300 euro mensili per il mantenimento delle piattaforme tecnologiche M5S.
Il comitato che deve gestire le somme restituite è previsto che si sciolga contestualmente allo scioglimento delle Camere. Nell’atto costitutivo si legge che “l’assemblea determinerà le modalità della liquidazione, nominando l’organo deputato alla liquidazione stessa, scelto anche fra i non componenti del comitato, che curi la liquidazione in tutti i beni mobili ed immobili ed estingua le obbligazioni in essere”.
I consiglieri e il presidente del comitato “non hanno diritto a compensi e/o rimborsi e/o gettoni di presenza”. Ed è fatto divieto di “distribuire, anche in modo indiretto o differito, utili o avanzi di gestione, nonché fondi, riserve o capitale, salvo che la destinazione o la distribuzione non siano imposte dalla legge”.
Il comitato, che ha sede legale presso la Camera dei deputati, “ha l’obbligo di reinvestire l’eventuale avanzo di gestione a favore di attività istituzionali statutariamente previste”. Per quanto riguarda gli obblighi sulla trasparenza, “le deliberazioni del consiglio direttivo sulle modalità ed i limiti della raccolta fondi nonché i rendiconti approvati, verranno pubblicati sul sito internet ‘movimento5stelle.it’ o sul diverso sito al quale dovesse essere trasferito il coordinamento del comitato”.
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