Il 23 maggio 1992 una bomba esplose lungo l’autostrada A29 presso lo svincolo di Capaci, in Sicilia, uccidendo il giudice antimafia Giovanni Falcone, la moglie Francesca Morvillo e i tre agenti di scorta Vito Schifani, Rocco Dicillo e Antonio Montinaro.
L’attentato fu messo in atto dopo che il 30 gennaio 1992 si era concluso il maxiprocesso di Palermo con numerosi ergastoli verso diversi boss mafiosi.
In seguito a questo episodio, la fafia, guidata dal boss Salvatore Riina, iniziò una strategia particolarmente violenta, insolita per l’organizzazione, quella che viene definita generalmente stagione delle bombe.
Dopo che nel marzo 1992 fu ucciso il politico democristiano siciliano Salvo Lima, il 23 maggio 1992 la prima bomba della mafia esplose, con l’obiettivo di uccidere Giovanni Falcone.
Il giudice era stato parte del pool antimafia, la squadra di magistrati costituita con l’obbiettivo di combattere Cosa Nostra, e in quel periodo Falcone, insieme al collega Paolo Borsellino, era considerato uno dei massimi esponenti della lotta alla mafia.
Falcone morì nell’attentato di Capaci, e il 19 luglio 1992 anche Borsellino fu ucciso da Cosa Nostra, nella strage di via D’Amelio a Palermo. Per entrambe le stragi furono condannati diversi boss mafiosi.
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