Dopo settimane di polemiche la Camera ha trovato un accordo sul revenge porn, emendamento compreso nel cosiddetto Codice rosso all’esame del Parlamento.
La misura introduce la reclusione da uno a sei anni e una multa da 5mila a 15mila euro per “chiunque invii, consegni, ceda, pubblichi o diffonda immagini o video di organi sessuali o a contenuto sessualmente esplicito, destinati a rimanere privati, senza il consenso delle persone rappresentate”.
La stessa pena è prevista anche per chi, avendo ricevuto o acquisito immagini o video invia, consegna, cede, pubblica o diffonde tale materiale senza aver ricevuto il consenso delle persone rappresentate e con il fine di recare loro danno.
Il ddl prevede anche che la pena venga aumentata “se i fatti sono commessi del coniuge, anche separato o divorziato, o da una persona che è o è stata legata da relazione affettiva alla persona offesa” o “se i fatti sono commessi attraverso strumenti informatici o telematici”.
Il revenge porn stabilisce anche che la pena sia aumentata da un terzo alla metà “se i fatti sono commessi in danno di persona in condizione di inferiorità fisica o psichica o in danno di una donna in stato di gravidanza. Il delitto viene punito a querela della persona offesa”.
La vittima può sporgere querela in sei mesi e la remissione della querela può essere soltanto processuale.
L’emendamento noto come revenge porn e presentato da Laura Boldrini era stato inizialmente bocciato il 28 marzo dalla Camera dei deputati con soli 14 voti contrari.
La bocciatura aveva scatenato le deputate dell’opposizione, Pd, Forza Italia e Fratelli d’Italia, tanto da costringere il presidente della Camera, Roberto Fico a sospendere la seduta.
Nel corso della discussione tenutasi il 2 aprile l’emendamento è stato invece approvato con 461 voti a favore, mentre è stato ritirato quello relativo alla castrazione chimica, precedentemente proposto dalla Lega.
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