“Il presidente della Camera dei Deputati, Roberto Fico, non ha comunicato alcun provvedimento ufficiale al Parlamento egiziano sull’interruzione dei rapporti in seguito allo stallo sul caso Regeni”. Questa la smentita arrivata dal deputato Tarek Radwan, ex presidente della commissione Esteri e attualmente presidente della commissione Affari africani intervistato da Agi.
“L’ultimo provvedimento del Parlamento italiano sull’Egitto risale al 2016 e comunque il presidente Fico non ha il potere di interrompere le relazioni, una prerogativa che spetta al governo”, ha spiegato Radwan.
Interrogato sull’inchiesta sulla morte di Giulio Regeni e sugli sviluppi del caso, il deputato ha detto di “confidare nel lavoro dei magistrati”, dichiarando che anche Fico “durante la sua ultima visita al Cairo ha lodato la collaborazione tra i due Paesi”.
L’annuncio di Fico – “Con grande rammarico annuncio ufficialmente che la Camera dei deputati sospenderà ogni tipo di relazione diplomatica con il Parlamento egiziano fino a quando non ci sarà una svolta vera nelle indagini e un processo che sia risolutivo”.
Lo ha annunciato, in un’intervista al Tg1, il presidente della Camera, Roberto Fico, a proposito del caso Regeni.
La collaborazione con il parlamento egiziano non era ancora partita nell’attuale legislatura. Le parole del presidente Fico annunciano il fatto che tale collaborazione non partirà, almeno fino a che non ci sarà una svolta nelle indagini, come a specificato a TPI il portavoce di Roberto Fico.
E a proposito delle indagini avviate dalla procura di Roma, Fico ha detto che si tratta di “un atto giusto, forte e coraggioso e anche un atto dovuto: visto che la Procura del Cairo non procede, è giusto lo faccia la Procura di Roma”.
“A settembre sono andato al Cairo e avevo detto, sia al Presidente al-Sisi sia al presidente del Parlamento egiziano, che eravamo in una situazione di stallo. Avevo avuto delle rassicurazioni ma ad oggi non è arrivata nessuna svolta”, ha proseguito.
Giulio Regeni | Le indagini della procura di Roma
Il 28 novembre 2018, la Procura di Roma ha deciso di formalizzare l’iscrizione nel registro degli indagati di alcuni dei nove soggetti, tra poliziotti egiziani e agenti del servizio segreto civile, ritenuti coinvolti nell’omicidio di Giulio Regeni.
Secondo gli investigatori di Ros e Sco, gli indagati hanno avuto un ruolo nel sequestro del 28enne ricercatore di origine friulana e nelle attività di depistaggio che hanno fatto seguito al ritrovamento del cadavere.
La decisione è stata comunicata dai pubblici ministeri di piazzale Clodio ai magistrati egiziani durante un vertice congiunto a Il Cairo. Oltre a rinnovare la collaborazione tra le autorità giudiziarie di Roma e del Cairo, la Procura di Roma ha deciso di procedere indipendentemente sul caso.
I pm hanno quindi comunicato che l’iscrizione dei nomi degli indagati “costituisce un passaggio obbligato per il nostro ordinamento processuale, step che la legislazione locale non contempla”.
“Fermi restando i buoni rapporti tra i due uffici che si sono impegnati a incontrarsi di nuovo per fare il punto delle indagini, la Procura di Roma, insomma, ritiene che oltre due anni di accertamenti e ben dieci incontri tra inquirenti finalizzati allo scambio di atti e di informazioni siano più che sufficienti per dare una significativa accelerazione all’inchiesta. Accelerazione che non avrà ripercussioni sull’attività congiunta che andrà avanti ancora con la magistratura del Cairo nei prossimi mesi”.
I magistrati della Procura di Roma e della Repubblica Araba d’Egitto, che indagano sul sequestro, sulle torture e sulla morte del 28enne ricercatore di origine friulana, scomparso al Cairo il 25 gennaio 2016 e il cui cadavere è stato ritrovato il 3 febbraio, si sono incontrati tra il 27 e il 28 novembre 2018 per scambiare “grazie al buon rapporto tra i due uffici, i rispettivi punti di vista sullo stato delle indagini”.
“Al termine dell’incontro le parti hanno riaffermato la determinazione a proseguire le indagini e incontrarsi nuovamente nel quadro della cooperazione giudiziaria fino all’individuazione certa dei responsabili” della morte del ragazzo.
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