Il Movimento Cinque Stelle ha presentato una proposta di revisione della Costituzione che prevede l’introduzione del referendum propositivo e l’abolizione del quorum per tutti i referendum.
La maggioranza si è divisa sul tema. L’alleato di governo Matteo Salvini non è d’accordo sull’eliminazione del quorum: “Coinvolgere i cittadini è fondamentale. La Svizzera è un modello però un minimo di quorum bisogna metterlo altrimenti qua si alzano in dieci la mattina e decidono cosa fare”, dice il vicepremier.
Per Di Maio, al contrario, “togliere il quorum al referendum è uno strumento indispensabile per i cittadini, per cui quando volete cambiare le cose in Italia non dovete andare per forza a pregare un politico. Potete farlo da soli col vostro voto”.
La proposta di riforma costituzionale sarà discussa dalla commissione Affari costituzionali della Camera a partire dal 9 gennaio 2019, e porta la firma di Francesco D’Uva, capogruppo del M5s e del presidente dei deputati leghisti Riccardo Molinari. Ma Salvini non è d’accordo sul quorum: “Coinvolgere i cittadini è fondamentale. La Svizzera è un modello però un minimo di quorum bisogna metterlo altrimenti qua si alzano in dieci la mattina e decidono cosa fare”, dice il vicepremier.
Il M5s, che ha nella democrazia diretta uno dei suoi cavalli di battaglia, porta avanti la proposta come strumento per valorizzare l’iniziativa popolare. Salvini non crede però nella bontà della proposta, perché teme che possano diventare legge proposte approvate da un’esigua minoranza.
Obiezioni condivise anche da opposizioni e costituzionalisti. Anche la presente del Senato Elisabetta Casellati avverte che un referendum senza quorum può “mettere in discussione il futuro della stessa democrazia rappresentativa”.
Il ministro Fraccaro, in quota M5s, che ha la delega per la democrazia diretta, replica a Salvini: “Saranno le Camere, non il ministro Salvini né il ministro Fraccaro, a deliberare in merito al quorum per il referendum propositivo, con la consapevolezza che le riforme richiedono quanto meno il tentativo di costruire il maggior consenso possibile e di ascoltare tutti, soprattutto le opposizioni”.
La Lega avrebbe dovuto presentare il 7 gennaio un emendamento alla proposta, per introdurre un quorum al 33 per cento degli aventi diritto al voto, ma il deputato leghista Igor Iezzi ha annunciato di aver ritirato, per ora, l’emendamento “ma solo perché con i 5 stelle stiamo discutendo”.
I democratici invece hanno presentano 67 emendamenti alla proposta di riforma del M5s e due riguardano proprio l’introduzione del quorum della metà più uno dei votanti, o un quarto degli aventi diritto.
Secondo alcuni l’opposizione di Salvini al referendum senza quorum è solo uno strumento per trattare sulla legittima difesa. Il leader leghista potrebbe essere disposto a ritirare l’emendamento in cambio dell’apertura del M5s sulla legge che sta a cuore ai leghisti.
Il referendum propositivo in Italia non è attualmente previsto dalla Costituzione, solamente la regione autonoma della Valle d’Aosta e la provincia autonoma di Bolzano hanno introdotto lo strumento nei loro statuti (Dlgs 18 agosto 2000, n.267 Art.8).
Si tratta di uno strumento di consultazione del corpo elettorale su temi specifici, con lo scopo di proporre, dal basso una nuova legge. In caso di vittoria del sì, un referendum propositivo diventa un vincolo per il parlamento, per varare una legge coerente con quanto chiesto dalla volontà popolare.
Tra i paesi europei che prevedono nei loro ordinamenti questa tipologia di referendum, ci sono San Marino o la Svizzera.
Se attuato anche in Italia, un provvedimento del genere rappresenterebbe una novità di enorme rilievo rispetto alle modalità attuali di svolgimento dei referendum.
Già nella riforma costituzionale di Renzi, bocciata dagli elettori il 4 dicembre 2016, era previsto un meccanismo di riduzione del quorum richiesto per rendere valido il referendum: la riforma proponeva di abbassarlo al 50 per cento più uno dei votanti alle ultime elezioni politiche nel caso venissero raccolte almeno 800mila firme per indire la consultazione.
Cosa dice il contratto di governo sul referendum e sul quorum
Alla voce del contratto Riforme istituzionali e democrazia diretta, si legge: “È inoltre fondamentale potenziare un imprescindibile istituto di democrazia diretta già previsto dal nostro ordinamento costituzionale: il referendum abrogativo. Per incentivare forme di partecipazione attiva dei cittadini alla vita politica nazionale occorre cancellare il quorum strutturale – ovvero la necessità della partecipazione alla votazione della maggioranza degli aventi diritto – al fine di rendere efficace e cogente l’istituto referendario. […]Sempre allo scopo di incentivare la partecipazione diretta dei cittadini alla vita politica del Paese sosteniamo l’introduzione del referendum propositivo, ossia un mezzo volto a trasformare in legge proposte avanzate dai cittadini e votate dagli stessi.
Che cos’è il quorum
Il quorum indica il numero minimo di elettori che devono partecipare alla votazione perché un referendum sia valido e perciò idoneo ad abrogare la disposizione oggetto del quesito: esso è fissato nella maggioranza degli aventi diritto al voto.
Secondo l’analisi di Openpolis, in Italia finora si sono tenuti 70 referendum, di cui 66 abrogativi, 3 costituzionali, uno consultivo sul parlamento europeo e quello del 1946 sulla riforma istituzionale dello Stato italiano.
I referendum abrogativi richiedono il raggiungimento di un quorum di validità.
Il primo referendum abrogativo è del 1974, per l’abrogare della legge Fortuna-Baslini, con la quale era stato introdotto il divorzio. L’affluenza fu superiore all’87 per cento, e vinse quindi il fronte del no con il 59,30 per cento dei voti.
Il partito radicale invece è il partito che vanta in assoluto più referendum abrogativi guidati, 24 referendum abrogativi vengono dal partito radicale.
Il 40,91 per cento dei 66 quesiti abrogativi non ha raggiunto il quorum necessario.
I tipi di referendum in Italia
La Costituzione italiana, come avevamo spiegato in questo articolo, prevede tre tipi principali di referendum: abrogativo, territoriale e costituzionale.
Referendum abrogativo
Il referendum abrogativo è previsto dall’articolo 75 della Costituzione che riserva l’iniziativa referendaria ai cittadini, 500.000 elettori, o alle regioni, e quindi a 5 Consigli regionali.
Attraverso lo strumento del referendum abrogativo si può richiedere quindi “l’abrogazione, totale o parziale, di una legge o di un atto avente valore di legge”.
Dove per legge si intende una norma approvata dal Parlamento secondo il procedimento ordinario, e per “atto avente valore di legge” un decreto legge, approvato dal governo in casi eccezionali di necessità e di urgenza e convertito entro 60 giorni dal parlamento o un decreto legislativo, adottato dal governo su delega parlamentare.
Il quorum indica il numero minimo di elettori che devono partecipare alla votazione perché il referendum sia valido e perciò idoneo ad abrogare la disposizione oggetto del quesito: esso è fissato nella maggioranza degli aventi diritto al voto.
L’articolo 75 della Costituzione prevede inoltre che deve essere raggiunta la maggioranza dei voti validamente espressi.
Non tutte le leggi possono essere abrogate tramite il referendum: ci sono infatti alcune materie che sono sottratte come “le leggi tributarie e di bilancio, di amnistia e di indulto, di autorizzazione a ratificare trattati internazionali”.
Inoltre non è possibile abrogare con il referendum le disposizioni costituzionali, perché sono gerarchicamente superiori alla legge ordinaria e quindi abrogabili solo attraverso il procedimento aggravato previsto dall’art. 138 della Costituzione.
La Corte Costituzionale, che deve pronunciarsi sulla legittimità costituzionale del referendum, ha esteso l’elenco ritenendo inammissibili referendum che non abbiano oggetto unitario o il cui esito positivo paralizzerebbe l’attività di un organo costituzionale, determinando un vuoto legislativo.
Alla luce di quanto si legge sulla Carta Fondamentale non è possibile abrogare con un referendum l’adesione dell’Italia all’Euro o l’appartenenza alla Nato.
Referendum Costituzionale
Il referendum Costituzionale è previsto dall’articolo 138 della Costituzione e serve per rivedere la Costituzione stessa o una legge costituzionale.
La convocazione è decisamente più complicata di quella del referendum abrogativo: servono i due delle Camere, la seconda delle quali con maggioranza assoluta.
Referendum Territoriali
In questa categoria rientrano i tipi di referendum descritti dall’articolo 132 della Costituzione italiana e servono per arrivare alla fusione di più regioni o alla creazione di nuove regioni.
Nel secondo comma dell’articolo 132 si parla invece della possibilità del passaggio di Province e Comuni da una Regione all’altra.
La legge costituzionale così pensata deve essere approvata con un referendum a maggioranza delle popolazioni stesse.