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Perché a forza di sentire SÌ, ho deciso di votare NO al referendum sulle trivelle

L'opinione di Federico Catania sul referendum delle trivelle, che si terrà domenica 17 aprile

Di Federico Catania
Pubblicato il 15 Apr. 2016 alle 10:50

Il referendum del prossimo 17 aprile, il referendum definito no trivelle, è stato caratterizzato da una campagna di comunicazione social molto aggressiva da parte dei sostenitori del SÌ.

Una campagna che è iniziata a febbraio e che nella prima fase si è incentrata sul voler far credere che in Italia ci sarebbe stato un referendum di cui i cittadini sarebbero rimasti all’oscuro.

Una notizia tecnicamente sbagliata, considerando che il referendum è stato indetto il 15 febbraio dopo il normale iter di verifica e ammissibilità.

Nonostante ciò, il 16 febbraio sui social si diffondevano migliaia di post che accusavano il governo di censura e invitavano alla condivisione della notizia.

La notizia non era solo quella naturalmente. La vera notizia era che il nostro mare è in pericolo. Centinaia di trivelle scavano ogni giorno il fondo del mare per andare a cercare nuovi giacimenti di petrolio mettendo a rischio le nostre coste e la nostra fauna, notizie accompagnate da fotografie di uccelli soffocati nel petrolio e pesci morti sulle coste.

Un’altra notizia – quest’ultima – ancora una volta tecnicamente sbagliata, considerando che questo referendum non riguarda in alcun modo le attività di trivellazione ma le attività di estrazione e le relative concessioni a estrarre.

Un referendum che spinge dunque, nell’estrema semplicità comunicativa con il quale è stato proposto, a schierarsi contro le trivelle e a recarsi al voto per esprimere il proprio SÌ (per dire no alle trivelle).

Uno schema semplice ed efficace: gli ambientalisti difensori dell’oro blu contro le grandi aziende petrolifere con l’interesse dell’oro nero.

Se si va oltre gli slogan e si entra nel campo dei numeri e dei fatti, ci si rende conto che la strategia comunicativa adottata dai sostenitori del SÌ sia decisamente spropositata rispetto al pericolo reale delle piattaforme in mare, e che in larga misura ometta il centro reale della questione.

Si ha l’impressione infatti che questo referendum, per la prima volta promosso da alcuni Consigli regionali e non da una petizione popolare di massa, voglia essere utilizzato da una parte come clava delle opposizioni contro il governo e dall’altra come segnale di esistenza delle associazioni ambientaliste internazionali, che in diversi video spot hanno talmente semplificato la questione da cadere in errore.

Siamo tutti d’accordo: l’Italia deve abbandonare sempre più i combustibili fossili e promuovere le energie rinnovabili. Continuare a estrarre petrolio non è la strada giusta, ma siamo certi che la strada giusta sia convincere i cittadini che il fondale del nostro mare venga trivellato quotidianamente quando in realtà non è così?

DI COSA PARLIAMO? IL REFERENDUM SULLE TRIVELLE RACCONTATO SENZA GIRI DI PAROLE 

— ECCO PERCHÉ VOTARE SÌ AL REFERENDUM SULLE TRIVELLE. Lo spiega a TPI Roberta Radich, del Coordinamento nazionale No triv  

— ECCO PERCHÉ NON ANDARE A VOTARE AL REFERENDUM SULLE TRIVELLE. Lo spiega a TPI Umberto Minopoli, presidente dell’Associazione Italiana Nucleare che fa parte del comitato per l’astensione, Ottimisti e razionali 

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