Il 4 dicembre gli italiani voteranno al referendum sulla riforma costituzionale promossa dal governo Renzi.
Non si tratta della prima volta che il popolo italiano si esprime sui cambiamenti della Costituzione. Dal 1948 a oggi si sono verificati altri due referendum costituzionali. Nel primo caso ha vinto il Sì, nel secondo ha prevalso il No.
La vittoria del Sì al referendum del 2001
Dopo tre tentativi di riforma falliti con le bicamerali Bozzi (1983-1985), De Mita-Iotti (1993-1994) e D’Alema (1997), nel 2001 si è tenuto il primo referendum sulla modifica della Costituzione promossa dal governo Berlusconi, senza ricorrere alla commissione bicamerale.
II quesito riguardava il cambiamento del Titolo V, che si occupa di stabilire i rapporti tra lo stato, le regioni e gli enti locali. La riforma è stata approvata con il 64,2 per cento dei voti favorevoli e il 35,8 per cento dei voti contrari ed è stata attuata dalla legge costituzionale n. 3 del 2001.
Con la riforma è stata riconosciuta l’autonomia legislativa alle regioni, a eccezione di un numero limitato di materie in parte riservate esclusivamente allo stato e in parte per le quali la competenza legislativa è stata definita “concorrente”. In quest’ultimo caso spetta allo stato determinare le linee di principio e alle regioni la normativa di dettaglio.
Attualmente questo rimane l’impianto del rapporto legislativo tra stato e regioni, ma con la vittoria del Sì al referendum del 4 dicembre scomparirebbero le materie concorrenti. Secondo i sostenitori della riforma, questa modifica farebbe chiarezza sulle rispettive competenze statali e regionali. Si metterebbe fine alle controversie insorte in questi anni dinanzi alla Corte costituzionale sull’interpretazione dei singoli casi di potestà legislativa concorrente.
La vittoria del No al referendum del 2006
Anche la riforma del 2006 è stata approvata a maggioranza assoluta dal Parlamento durante il governo del centrodestra, ma stavolta è stata respinta dai cittadini con oltre il 61 per cento dei voti contrari.
Come la riforma del governo Renzi, anche quella del 2006 si proponeva di mettere fine al bicameralismo paritario, ma il testo si discosta da quello attuale su diversi punti.
Per esempio, la riforma Boschi non attribuisce nuovi poteri al premier mentre quella Berlusconi avrebbe aumentato in modo notevole i poteri del primo ministro, istituendo il cosiddetto premierato. Il presidente del Consiglio avrebbe potuto sciogliere le camere, un potere che attualmente la Costituzione riserva solo al presidente della Repubblica; revocare ministri e determinarne l’azione politica.
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Come si è arrivati al referendum costituzionale del 4 dicembre
La costituzione italiana è “rigida” e quindi non può essere modificata con legge ordinaria, come avviene in altri paesi del mondo. È necessario uno specifico procedimento affinché il testo sia modificato.
L’articolo 138 della Costituzione prevede che le leggi di revisione costituzionale siano sottoposte a referendum popolare quando, entro tre mesi dalla loro pubblicazione, ne facciano domanda un quinto dei membri di una camera o cinquecentomila elettori; o, in alternativa, cinque Consigli regionali.
Non è invece necessario un referendum se la legge è stata approvata nella seconda votazione da ciascuna delle Camere a maggioranza di due terzi dei suoi membri.
L’attuale riforma ha ottenuto il via libera definitivo della Camera, il 12 aprile 2016, con 361 voti favorevoli, sette contrari e due astenuti, per un totale di 368 votanti.
Fino a oggi sono state 15 le leggi di revisione costituzionale adottate. Fra le più rilevanti vi è l’introduzione del pareggio di bilancio in Costituzione nel 2012, sotto la guida di Mario Monti, che non fu sottoposta a referendum dal momento che aveva ottenuto la maggioranza dei due terzi del Parlamento.
I tipi di referendum previsti dalla Costituzione
La Costituzione italiana prevede tre tipi di referendum: il referendum abrogativo, regolato dall’articolo 75, è l’unico che necessita di un quorum, pari al 50 per cento più uno degli aventi diritto, per essere valido; quello costituzionale, previsto dall’articolo 138, per il quale non è previsto un quorum; e quello territoriale, regolato dall’articolo 132.
Altri referendum sono poi previsti da fonti sub costituzionali. Per esempio il referendum consultivo può essere indetto con legge ad hoc.
Il referendum italiano più importante è stato quello del 1946, quando gli italiani hanno scelto la forma di governo, tra repubblica e monarchia.
Nell’Italia repubblicana si sono tenuti complessivamente 67 referendum abrogativi, due costituzionali, un referendum istituzionale e uno consultivo.
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