Nell’autunno del 2016, in una data ancora da stabilire, i cittadini italiani saranno chiamati a votare per il referendum costituzionale sul Ddl Boschi.
Il referendum sarà confermativo, per cui votando sì si darà un voto in favore della riforma, mentre votando no si manifesterà la propria contrarietà. Come tutti i referendum costituzionali, non sarà necessario il raggiungimento del quorum perché esso sia valido.
La scheda sarà solo una, e si potrà perciò o approvare in toto o respingere in toto i diversi cambiamenti contenuti nel Ddl Boschi.
Andiamo a vedere quali sono i principali contenuti di questa riforma su cui i cittadini saranno chiamati a decidere:
FINE DEL BICAMERALISMO PARITARIO
Attualmente in Italia vige il cosiddetto bicameralismo paritario, ovvero il principio per cui la Camera dei deputati e il Senato hanno gli stessi compiti e gli stessi poteri. Qualora vincesse il Sì al referendum, il Senato vedrebbe un forte cambiamento del proprio ruolo e una perdita dei propri poteri.
Il Senato, infatti, fungerà da organo intermedio tra stato ed enti locali e non potrà più votare la fiducia al governo, che dovrà contare quindi sulla sola maggioranza alla Camera dei deputati.
Il numero dei senatori sarà ridotto dagli attuali 315 (più i senatori a vita) a 100, e le sue competenze saranno quelle di rappresentanza degli enti locali e di legislazione in materia.
La necessità di approvazione da parte di entrambe le camere rimarrà per le leggi costituzionali, quelle legate alle minoranze linguistiche, i referendum popolari, le leggi elettorali, i trattati con l’Unione europea e le leggi riguardanti i territori.
Nei trenta giorni successivi all’approvazione di una legge alla Camera, il Senato potrà, con una votazione a maggioranza assoluta, chiedere alla Camera alcune modifiche alla legge, modifiche che potranno essere accolte o respinte da Montecitorio attraverso una semplice votazione.
I 100 senatori saranno suddivisi tra 74 consiglieri regionali, 21 sindaci e cinque senatori di nomina del Presidente della Repubblica. I nuovi senatori – salvo quelli di nomina presidenziale – verranno nominati dai consigli regionali di ciascuna delle venti regioni italiane, che saranno scelti, come il Ddl recita, “in conformità alle scelte espresse dagli elettori per i candidati consiglieri in occasione dei medesimi organi”.
I cinque senatori di nomina presidenziale, invece, non avranno più un mandato a vita come oggi: il loro mandato sarà legato a quello del Presidente della Repubblica, e cesserà insieme alla fine di quest’ultimo. Rimarranno senatori a vita invece gli ex Presidenti della Repubblica.
ABOLIZIONE DELLE PROVINCIE
Con la vittoria del Sì le provincie verrebbero abolite definitivamente. Attualmente è stata abolita la loro elezione diretta, sostituita da un’elezione di secondo livello tra i sindaci e i consiglieri comunali dei comuni del territorio in questione.
Le regioni, i comuni e le città metropolitane rimarrebbero così gli unici enti territoriali italiani.
COME CAMBIANO I REFERENDUM
Per l’attuale costituzione italiana i referendum di iniziativa popolare richiedono la raccolta di 500mila firme per ciascun quesito e possono essere esclusivamente abrogativi. Essi, inoltre, richiedono il quorum del 50 per cento più uno degli aventi diritto al voto.
In caso di vittoria del Sì, sarà possibile raccogliere le firme per referendum propositive. La soglia per il raggiungimento del quorum in un referendum popolare potrà scendere alla metà più uno dei votanti alle ultime elezioni politiche anziché la metà più uno degli aventi diritto al voto qualora venissero sottoscritti da 800mila firmatari anziché da 500mila.
ABOLIZIONE DEL CNEL
Il Consiglio Nazionale dell’Economia e del Lavoro è stato istituito nel 1957 come organismo formato da personalità del mondo del lavoro nominate dal presidente della Repubblica e dal presidente del Consiglio.
Si tratta di un organo costituzionale con il potere di proporre leggi al parlamento e dare pareri al governo su iniziative legislative. Qualora vincesse il Sì, esso verrebbe abolito.
ELEZIONE DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA
Attualmente il presidente della Repubblica è eletto dal parlamento in seduta comune e da 58 rappresentanti dei consigli regionali. Nei primi tre scrutini è richiesta una maggioranza dei due terzi dell’assemblea, mentre dalla quarta è richiesta una maggioranza assoluta.
In caso di vittoria del Sì, l’elezione del presidente della Repubblica vedrebbe un regolamento differente. A votare sarebbero semplicemente i componenti di Camera e Senato, mentre la maggioranza richiesta sarebbe nei primi tre scrutini sempre i due terzi dell’assemblea, dal quarto dei tre quinti e dal settimo dei tre quinti dei soli votanti e non più dei componenti di tutta l’assemblea.