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Il reddito di cittadinanza, a conti fatti, potrebbe ammontare a 80 euro invece che a 780

Di Laura Melissari
Pubblicato il 17 Dic. 2018 alle 07:30

Il reddito di cittadinanza potrebbe non vedere mai la luce. O almeno non nella modalità tanto decantata in questi mesi dal governo giallo-verde e in particolare da Luigi Di Maio. L’accordo con l’Ue sulla manovra, per evitare la procedura di infrazione, potrebbe finire per portare i famosi 780 euro a una cifra ben più modesta: 80 euro. Che, ironia della sorte, è l’ammontare del tanto criticato bonus Renzi.

A dirlo è l’Osservatorio Cpi, il think-tank presieduto da Carlo Cottarelli all’università La Cattolica di Milano. Come scrive il quotidiano Repubblica, citando l’economista Giampaolo Galli: “Noi ci siamo semplicemente armati di calcolatrice e abbiamo fatto i conti”, spiega economista con un passato al Mit e Bankitalia.

“La prima incongruenza è nel fatto che per mesi, in campagna elettorale e anche dopo la vittoria, i 5 Stelle hanno parlato di un costo complessivo per il reddito di cittadinanza di 17 miliardi (mentre peraltro dall’Inps arrivavano stime ancora più pessimistiche). Poi di colpo, al momento di inserirlo nella manovra “prima versione”, quella che ha suscitato le ire di Bruxelles, lo stanziamento è stato ridotto a 9 miliardi, e lì è rimasto fermo per settimane mentre nel fattempo Di Maio annunciava di aver dato il via alla stampa di 6 milioni di tessere. Su queste cifre abbiamo fatto una banale operazione aritmetica. Intanto ai nove miliardi ne andava tolto almeno uno per la riforma dei centri per l’impiego. Gli 8 miliardi rimasti, divisi appunto per 6 milioni, facevano 111 euro a testa al mese per dodici mesi”, dice Galli.

Ma non finisce qui. Secondo l’economista, a questa quota vanno sottratte le spese per la stampa delle tessere, per il software e per il training dei tutor. Ma cosa succederà se lo stanziamento, come verosimilmente accadrà, non sarà di 9 miliardi, ma di un miliardo e mezzo in meno? Succede che la quota procapite si avvicina a 80 euro. Se i beneficiari invece che 6 milioni diventassero 5 milioni, allora la quota sarebbe di poco più di 100 euro, ma comunque ben distante dai 780 euro annunciati.

Secondo l’Osservatorio della Cattolica, i tecnici del ministero dello Sviluppo Economico sono ben consapevoli del fatto che la cifra annunciata da Di Maio e la cifra che effettivamente potrebbe arrivare nelle tasche dei beneficiari, sono ben diverse. È questo il motivo per il quale non c’è ancora un provvedimento vero e proprio che definisca la misura. Nella legge di Bilancio infatti verrà indicato solo il saldo e non i dettagli.

“Sul reddito, a parte il totale orientativo, si brancola nel buio. Eppure anche qui un decreto dovrebbe essere pronto entro febbraio-marzo se si vuole cominciare l’elargizione in primavera”, spiega ancora Galli.

Sono tante le zone d’ombra della misura cavallo di battaglia del M5s: quali offerte di lavoro si potranno rifiutare? Come funzionerà il tutoraggio? Come saranno organizzati i centri per l’impiego? Come si erogherà il reddito? Tutte queste domande rimangono ancora senza una risposta.

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