All’Università di Torino, al DAMS, è iniziato lunedì 23 aprile il primo ciclo di lezioni sulla Storia dell’Omosessualità, il primo corso su questo tema che sia mai stato organizzato in Italia. Un enorme innovazione in un ateneo importante a livello nazionale.
Corsi simili sono esistiti negli Stati Uniti e nei Paesi Bassi fin dagli anni ’80, ma l’Italia è stata riluttante ad aprire le porte del mondo accademico all’argomento.
Tenuto dalla professoressa Maya De Leo, le lezioni riguardano la storia culturale dell’omosessualità e, si legge sul sito ufficiale della facoltà, “ne ricostruisce le trasformazioni in età contemporanea, dalla fine del diciottesimo secolo al tempo presente, tra Europa e Stati Uniti, restituendo esperienze, narrazioni e rappresentazioni collocate in diversi contesti sociali”.
“In Italia ci sono barriere tra discipline che sono difficili da superare, ma il problema principale è una certa chiusura culturale” ha detto la professoressa De Leo “la storia del genere è considerata, nella migliore delle ipotesi, la storia delle donne, e in ogni caso puoi metterla da parte e ignorarla”.
Presunti omosessuali hanno avuto un ruolo importante nella cultura italiana, dal rinascimento fino ad oggi, ma sono stati spesso evitati dalla società.
Concentrandosi inoltre, “sulla produzione culturale legata ai movimenti di liberazione omosessuale e più in generale all’attivismo LGBT+ e queer, le lezioni offrono un percorso di approfondimento specifico sul rapporto tra media e omosessualità in età contemporanea” spiega ancora la professoressa.
Ad essere iscritti sono ad oggi più di trecento studenti, molti più delle previsioni che avevano fatto riservare un’aula da appena 50 posti.
“Ho saputo dell’esistenza di questo corso facendo un giro sul sito del DAMS nella sezione delle lezioni e insegnamenti e ho deciso subito che l’avrei frequentato, essenzialmente per 3 motivi” spiega Giorgia, una studentessa piemontese, a TPI.
“Il primo è che tratta di qualcosa che mi riguarda da vicino”, racconta “sono bisessuale e ho avuto delle storie con delle ragazze che mi hanno cambiato la vita, il secondo è che sono sempre stata una sostenitrice dei diritti LGBT e ho pensato che conoscere la vera storia della cultura omosessuale fosse un modo per aiutare ancora di più chi come me ha dovuto combattere contro l’omofobia”.
Altra ragione che ha spinto Giorgia, una dei tanti studenti, ad iscriversi è stato il fatto “che inserire un corso del genere può rendere l’Università di Torino all’avanguardia nella lotta contro la discriminazione, per andare verso un tipo di istruzione che porti all’apertura mentale e non all’ignoranza”, spiega.
Anche Giacomo, diciannove anni, racconta a TPI che secondo lui “è un corso interessante, credo che possa aiutare a scoprire aspetti della storia dell’uomo che non sono chiari o che, in Italia, vengono spesso trascurati”.
“Per me è un modo di studiare la storia delle società e di come una tematica, ridotta spesso a tabù, sia stata vissuta nei vari contesti storici”, continua Giacomo.
E, in effetti, al centro di “Storia dell’omosessualità” c’è l’indagine approfondita sulla percezione del genere, del sesso e dell’orientamento sessuale della società attraverso i secoli.
“La nostra concezione di genere, sesso e orientamento sessuale si costruisce e si afferma con la contemporaneità. Nel tardo Settecento l’intersessualità si chiamava ermafroditismo ed era intesa con una sua specificità, che poi nell’epoca contemporanea è stata negata. Ancora oggi un corpo che non è né chiaramente maschile né chiaramente femminile non viene accettato e viene corretto chirurgicamente” spiega l’insegnante.
“Purtroppo il corso ha suscitato anche diverse polemiche” raccontano gli studenti a TPI, “qualcuno ha parlato di novità poco ortodossa e si riferiva al fatto che fosse un corso di studi totalmente inutile, aggiungendo anche che l’argomento non avesse alcun fondamento scientifico o storico”.
“Inoltre, l’idea che ho visto essere più virale è quella del allora dovremmo mettere anche storia dell’eterosessualità o dite di volere l’uguaglianza ma poi diventate addirittura oggetto di studio“, spiega Giorgia a TPI, che dice anche di non essere per nulla d’accordo “credo che a questo corso una buona percentuale di persone non sia nemmeno omosessuale, ma studenti che hanno voglia di conoscere meglio un “altro” stile di vita prima di puntare il dito e giudicare”.
Anche Giacomo racconta a TPI il suo punto di vista, “non credo, come purtroppo ho sentito dire, che sia un modo per “indottrinare” le nuove generazioni al fine di rendere tutti omosessuali. Sono critiche assurde che non hanno fondamento”.
Uno striscione era infatti apparso sul cancello dell’università di Torino, lo scorso 25 ottobre, in seguito all’annuncio dell’apertura del corso “a poche ore dalla notizia dell’istituzione della cattedra di storia dell’omosessualità all’Università di Torino, alcuni militanti di Forza Nuova hanno attaccato uno squallido striscione sul cancello di Palazzo Nuovo”, avevano raccontato i militanti dello spazio occupato Manituana, che lo avevano rimosso.
“Finché questo tipo di persone non saranno in grado di documentarsi sulla storia continueremo a trovarci davanti ad una mentalità estremamente chiusa e retrograda” avevano spiegato i ragazzi del collettivo.
Ma Torino, oltre che essere una delle città più importanti per il cinema italiano, è da anni sensibile alle tematiche di genere e LGBTQUIA+. E, proprio oggi, 24 aprile, si chiude la rassegna cinematografica Lovers Film Festival con la performance di Valentina Padovan.
“In chiusura alla nuova edizione del Lovers Film Festival, che – con le sue lgbtqi visions – si propone di dare visibilità a soggetti, passioni e relazioni troppo spesso ai margini dello sguardo collettivo, ci è sembrato importante ricorrere alle risorse di un’arte in vario modo imparentata al cinema, il teatro, nell’accezione più autentica del termine” spiega la performer.
Eventi importanti all’interno di una situazione, quella italiana, che soffre ancora oggi di ventate retrograde e omofobiche.
Nonostante Papa Bergoglio abbia ammorbidito l’approccio della chiesa cattolica agli omosessuali fin dai primi anni del suo pontificato, e lo scorso anno il parlamento italiano abbia approvato una legge che riconosce le unioni civili per gli omosessuali, secondo la professoressa De Leo non è ancora abbastanza.
“La legge sulle unioni civili è stato un importante passo avanti, ma l’obiettivo è la parità ai diritti matrimoniali, compresa la genitorialità”, ha detto.
Francesca Leon, assessore alla Cultura del Comune di Torino, era presente alla prima lezione nel nuovo corso in Storia dell’Omosessualità “proprio in questi giorni abbiamo fatto una scelta importante per favorire l’uguaglianza, forzando la mano e decidendo di riconoscere i bambini figli di coppie omogenitoriali. Il fatto che oggi inizi il primo corso in Italia di storia dell’omosessualità è un’altro motivo di orgoglio cittadino”.
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