Il Gip di Ragusa, Giovanni Giampiccolo, ha ordinato il dissequestro della nave della Ong spagnola Proactiva Open Arms, ferma nel porto di Pozzallo dal 17 marzo dopo un’operazione che aveva portato al salvataggio di 218 migranti.
Il fermo era stato eseguito dietro le indagini della polizia della squadra mobile di Ragusa e del Servizio centrale operativo (Sco) di Roma.
Il comandante della nave Marc Reig Creus, il capo missione Ana Isabel Montes Mier, e il coordinatore generale dell’Ong, Gerad Canals, erano stati accusati di associazione per delinquere finalizzata all’immigrazione clandestina dalla Procura di Catania.
Secondo l’accusa ci sarebbe stata la volontà di portare i migranti in Italia anche violando leggi e accordi internazionali, non consegnandoli ai libici.
La ricostruzione dei fatti è sempre contestata dagli avvocati della Ong spagnola, che hanno depositato diverse memorie difensive.
I volontari indagati inoltre non si sono presentati all’interrogatorio dalla Procura di Catania dietro consiglio dei loro legali perché “non è il giudice naturale dell’inchiesta”, e per la “sensazione” di volere a “tutti i costi monopolizzare le indagini in questa vicenda”.
La nave infatti era approdata a Pozzallo, per cui il giudice competente sarebbe dovuto essere quello di Ragusa.
Il presidente del Gip di Catania aveva poi fatto cadere i capi di accusa contro i volontari della Proactiva e la causa era stata trasmessa al Gip di Ragusa, che ha ordinato il dissequestro della nave.
“Sono felice, finalmente abbiamo avuto ragione, come abbiamo sempre sostenuto, ma non era scontata una decisione del genere”, ha commentato Rosa Emanuela Lo Faro, avvocato del comandante Marc Reig Creus.
“Abbiamo vinto una ‘battaglia’, ma credo che la guerra legale non finisca oggi, continuerà e sarà lunga”, ha detto Alessandro Gamberini, avvocato del capo missione Ana Isabel Montes Mier.
“Noi eravamo certi di avere ragione, ma occorre che un giudice ti dica di avere ragione”, continua Gamberini.
L’incidente che ha visto protagonista la Proactiva Open Arms si era verificato a 70 miglia dalle coste libiche il 17 marzo 2018 . Gli spagnoli, su indicazioni della sala operativa di Roma, avevano individuato un gommone con 150 persone a bordo, alcune delle quali già in acqua.
Mentre erano in corso le operazioni di soccorso, è sopraggiunta una motovedetta libica con le armi puntate che ha minacciato di aprire il fuoco contro i volontari se non avessero consegnato loro le donne e i bambini già salvati.
I libici sono anche saliti a bordo delle scialuppe che gli spagnoli avevano messo in mare, ma alla fine la Ong ha resistito e, al termine di un lungo inseguimento, si è allontanata verso la zona nord in attesa di ricevere istruzioni dalla Guardia costiera italiana.
Il via libera italiano ha poi permesso alla nave di orientarsi con il suo carico di 218 persone a bordo verso la Sicilia.
TPI aveva già intervistato Riccardo Gatti, capo-missione della Ong Proactiva Open Arms, sull’incidente che aveva coinvolto i volontari spagnoli e la marina libica.
Queste sono le motivazioni che hanno portato il Gip di Ragusa a ordinare il dissequestro della nave: “Non si ha prova che si sia pervenuti in Libia ad un assetto accettabile di protezione dei migranti soccorsi in mare. Manca la prova anche della sussistenza di porti sicuri in territorio libico in grado di accogliere i migranti soccorsi nelle acque Sar di competenza nel rispetto dei loro diritti fondamentali. In difetto di tale prova, la scriminante dello stato di necessità rimane in piedi”.
I volontari della Ong spagnola, quindi, non potevano consegnare i migranti soccorsi alla marina libica né possono essere condannati per essere approdati nel porto siciliano, unico luogo sicuro per lo sbarco della nave.