Il 4 novembre di 100 anni fa l’Italia vinceva la Prima guerra mondiale. Era il 1918 quando il generale Armando Diaz, capo di Stato Maggiore del Regio Esercito Italiano annunciava la resa dell’Impero Austro-ungarico con l’armistizio di Villa Giusti.
La prima persona civile a venire a conoscenza dell’evento di portata storica fu una donna, appena 25enne, di Torino. Anna Camilla Graziano a quei tempi era centralinista, e lavorava nella società telefonica italiana, che aveva il compito di smistare l’intero traffico telefonico nazionale. Nel pomeriggio del 3 novembre la donna ricevette una telefonata. Era il generale Armando Diaz, che chiedeva di parlare con il ministro della Real Casa. Anna Camilla immediatamente mise in contatto i due. La donna, che aveva il compito di controllare che la linea non cadesse, si ritrovò ad ascoltare quella telefonata storica in cui si comunicava formalmente l’avvenuta firma dell’armistizio.
A raccontare l’inedito episodio, ripreso da Giorgio Dell’Arti, sono stati i pronipoti di Anna Camilla, Valeria e Riccardo Magarelli. La loro bisnonna, morta nel 1981 a quasi novant’anni e non aveva mai rivelato l’episodio, per tenere fede a un patto di riservatezza fatto al suo superiore dell’epoca.
“Mia bisnonna Anna era una donna decisamente avanti per i tempi. Voleva emanciparsi dalla famiglia e rendersi indipendente, anche economicamente”, racconta la nipote.
Le centraliniste della società telefonica dovevano essere diplomate, saper battere a macchina e parlare correttamente italiano e con una buona dizione.
Prima che fosse resa pubblica, era una storia raccontata esclusivamente in casa. Ai tempi la donna aveva un fidanzato al fronte. Quella telefonata fu per lei non solo un evento di portata storica, ma anche la notizia che il fidanzato sarebbe presto tornato a casa.
La festa del 4 novembre
Il 4 novembre in Italia si festeggia la Giornata dell’Unità Nazionale e delle Forze Armate.
La festa del 4 novembre venne istituita nel 1919 per commemorare la vittoria italiana nella Prima guerra mondiale.
L’annuncio del 4 novembre prese il nome di Bollettino della Vittoria, il documento ufficiale scritto dopo l’armistizio di Villa Giusti con cui il generale Armando Diaz, comandante supremo del Regio Esercito, dichiarò la resa dell’Impero austro-ungarico e la vittoria dell’Italia nella prima guerra mondiale.
Nel 1921, in occasione della celebrazione della Giornata dell’Unità Nazionale e delle Forze Armate, il Milite Ignoto venne sepolto solennemente all’Altare della Patria a Roma.
Il testo del Bollettino della Vittoria
Comando Supremo, 4 novembre 1918, ore 12 Bollettino di guerra n. 1268
La guerra contro l’Austria-Ungheria che, sotto l’alta guida di S.M. il Re, duce supremo, l’Esercito Italiano, inferiore per numero e per mezzi, iniziò il 24 maggio 1915 e con fede incrollabile e tenace valore condusse ininterrotta ed asprissima per 41 mesi, è vinta. La gigantesca battaglia ingaggiata il 24 dello scorso ottobre ed alla quale prendevano parte cinquantuno divisioni italiane, tre britanniche, due francesi, una cecoslovacca ed un reggimento americano, contro settantatré divisioni austroungariche, è finita. La fulminea e arditissima avanzata del XXIX Corpo d’Armata su Trento, sbarrando le vie della ritirata alle armate nemiche del Trentino, travolte ad occidente dalle truppe della VII armata e ad oriente da quelle della I, VI e IV, ha determinato ieri lo sfacelo totale della fronte avversaria. Dal Brenta al Torre l’irresistibile slancio della XII, della VIII, della X armata e delle divisioni di cavalleria, ricaccia sempre più indietro il nemico fuggente. Nella pianura, S.A.R. il Duca d’Aosta avanza rapidamente alla testa della sua invitta III armata, anelante di ritornare sulle posizioni da essa già vittoriosamente conquistate, che mai aveva perdute. L’Esercito Austro-Ungarico è annientato: esso ha subito perdite gravissime nell’accanita resistenza dei primi giorni e nell’inseguimento ha perduto quantità ingentissime di materiale di ogni sorta e pressoché per intero i suoi magazzini e i depositi. Ha lasciato finora nelle nostre mani circa trecentomila prigionieri con interi stati maggiori e non meno di cinquemila cannoni. I resti di quello che fu uno dei più potenti eserciti del mondo risalgono in disordine e senza speranza le valli che avevano discese con orgogliosa sicurezza.
Armando Diaz, comandante supremo del Regio Esercito
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