Il 17 maggio 2018 è stato un giorno storico per l’Università di Roma La Sapienza: si è tenuto infatti il primo Sapienza Pride,il corteo organizzato dal Collettivo Prisma LGBTQIA+ dell’ateneo e dal Coordinamento universitario LINK, nell’ambito del Festival LGBTQIA+.
Sono molti i ragazzi e le ragazze che si sono dati appuntamento di fronte all’ingresso principale della città universitaria, e molti altri se ne aggiungono durate la parata, attirati dai tamburi e dalla musica che provengono dalla parata.
Noi di TPI c’eravamo e abbiamo raccolto le testimonianze di questi giovani studenti che lottano ogni giorno per affermare il loro diritto di essere ciò che sono, senza paura di doversi nascondere e di essere discriminati per questo.
A guidare il corteo per le vie della Sapienza c’è il duo Drag Queen Karma B: “Guardandoci attorno vediamo tanti ragazzi e ragazze bellissimi, giovanissimi e soprattutto agguerritissimi, che combattono per la libertà di essere sé stessi”, hanno detto a TPI.
“Il fatto che questa manifestazione si svolga alla Sapienza è significativo, perché lo stigma di genere deve necessariamente essere combattuto con la cultura. Siamo molto felici di essere le madrine di questo Pride anche perché è la prima volta che delle Drag Queen entrano alla Sapienza”.
C’è Marco, che ha un cartello appeso al collo la scritta “Anche voi etero avete un culo. Imparate ad usarlo”.
Secondo lui, “in questo periodo storico è complicato trattare dei temi di genere all’interno della nostra Università. Noi tentiamo di farlo tutti i giorni, cercando di sensibilizzare gli studenti e le studentesse. È importante che nessuno abbia paura, che nessuno si nasconda, non bisogna avere paura di essere picchiati, come già successo. Io sono come sono e non voglio nascondermi”.
Alessandro Armellini Morosini fa parte del Collettivo Prisma LGBTQIA+ che ha organizzato il festival: “La speranza è che ci sia partecipazione anche dal mondo accademico, perché l’omo-bi-trans-fobia è un problema che riguarda non solo gli studenti, ma tutto il mondo universitario, 24 ore su 24, 365 giorni all’anno”, ci ha detto.
“Proprio per questo faremo varie tappe durante il Pride e ci fermeremo davanti a tante facoltà e davanti al rettorato, manifestando le nostre intenzioni: quella di voler lottare per risolvere questi problemi. L’1 dicembre ci hanno chiuso le porte della facoltà di Ingegneria, volevamo informare gli studenti sulla lotta all’HIV e all’AIDS. Il rettore della facoltà ci ha negato questa possibilità. Questo non ci sembra giusto perché si tratta di questioni che riguardano tutti e non solo una parte della nostra società. Serve unione e coesione sociale, senza queste non arriveremo mai a nulla” dice Alessandro.
“Riprendiamoci l’Università. Il Pride è un momento di liberazione collettiva per tutte e tutti”, ci racconta Rocio, una studentessa della Sapienza.
“Attraverso questa marcia, che si tiene non a caso nella giornata mondiale contro l’omo-bi-trans-fobia, vogliamo far capire che negli atenei bisogna avere una didattica più inclusiva per tutte le persone LGBTQIA”.
La parata inizia con un gesto semplice, ma dal grande significato: le Karma B lanciano una scarpa rossa, proprio come fece la Drag Queen Silvia Rivera contro la polizia per protestare contro le incursioni omofobe nel locale Stonewall di New York.
Da quel giorno sono partiti i moti di protesta e le marce che hanno dato inizio i Gay Pride. Un gesto forte, liberatorio e incosciente, proprio come questi ragazzi e queste ragazze.
Anche chi non fa parte del collettivo sostiene la manifestazione. Un gruppo di tirocinanti di medicina con indosso il camice si ferma a guardare la parata: “Noi eravamo in aula ma abbiamo visto il corteo e siamo scese per dimostrare la nostra vicinanza e la nostra solidarietà a questi ragazzi”.
Un professore è appena uscito dalla facoltà di Giurisprudenza: “Questi ragazzi ci danno ancora una speranza. Vuol dire che esiste ancora un tessuto sociale, in particolare fatto dai giovani, che lotta per i diritti. Un tessuto certamente migliore di chi ci governa o di chi aspira a governarci”.
Durante la sfilata, i rappresentanti del collettivo hanno parlato di tematiche legate al mondo universitario e alla didattica, alla laicità dell’istruzione, alla genitorialità, alla prevenzione delle malattie sessualmente trasmissibili.
Una delle rivendicazioni del collettivo è la creazione del doppio libretto: si tratta della possibilità, per le persone che si trovano in fase di transizione di genere, di avere una doppia identità sul libretto d’esame universitario e sul sistema informatico dell’università.
Un libretto con la propria personalità anagrafica, con il nome che aveva prima di iniziare il precorso di cambiamento di sesso, e un altro con la nuova personalità, quella del nuovo genere.
“Questo serve per fare sì che una persona in questa condizione non si trovi in difficoltà e in imbarazzo nel momento in cui affronta un esame. È stata istituita una commissione per risolvere questa questione, che però non ha ancora iniziato i lavori”, ci ha detto Mattia, che fa parte del Senato accademico dell’università.