Quasi 200mila abitanti, più di 120 etnie diverse, due piazze. Prato è la mia città, una città di provincia che non fa scalpore finché non succede qualcosa di grosso. Finora “qualcosa di grosso” per i pratesi ha voluto dire retate contro gli spacciatori oppure scandali vari sul lavoro nero nelle fabbriche della Chinatown.
Anche così, comunque, Prato assurgeva agli onori della cronaca nazionale “una volta ogni morte di Papa”. Questo, almeno, fino ad ora.
Il mese di marzo ha cambiato le carte in tavola: Forza Nuova, compagine di estrema destra, ha scelto Prato. Non la vicina e blasonata Firenze, dove di solito si tengono le manifestazioni nazionali, ma Prato.
La comunità più piccola, quella del tessile e del multiculturalismo. E infatti l’idea, sulla carta, era quella di manifestare contro l’immigrazione e nessun luogo doveva sembrare migliore della città che è il simbolo dell’immigrazione stessa e che, il 26 maggio, voterà per le amministrative.
Il corteo, con la partecipazione del leader Roberto Fiore, doveva forse portare acqua al mulino del candidato locale, Massimo Nigro, ma le cose hanno preso una piega diversa: sui volantini di Forza Nuova è comparso il numero 100, insieme ad altri riferimenti al centesimo anniversario dei Fasci di combattimento, e la città si è ribellata.
Oltre ventimila firme sono state raccolte su Change.org per bloccare la manifestazione, ma il prefetto l’ha autorizzata. Anzi, ne ha autorizzate due: Forza Nuova in piazza del Mercato Nuovo e un presidio antifascista, frettolosamente battezzato (In)Tolleranza zero, in piazza delle Carceri.
Per chi non è mai stato a Prato questo vuol dire poco, ma chi conosce la zona sa quanto le due piazze siano vicine: più o meno due chilometri e mezzo, in linea d’aria anche meno. La tensione si poteva tagliare col coltello. Prato, ieri, era una città blindata. Come Roma, come Milano, come qualsiasi metropoli che si prepara a un grande evento potenzialmente critico per l’ordine pubblico. Non sembrava più molto provinciale, Prato, ieri.
I numeri girano già in rete, gonfiati o sgonfiati in base alla testata che si legge, e non lasciano molto spazio a interpretazioni: 200 o 300 militanti di Forza Nuova, almeno tremila partecipanti al presidio antifascista. Questi numeri non sono la vittoria di una sinistra rinata e di nuovo unita, ma di un modello culturale.
“Prato ha un cuore grande come una casa” ha detto il sindaco, con la nostra tipica “c” toscana, e magari poteva scegliere parole più originali, ma il punto è che pretendere di affermare il principio “l’Italia agli italiani”, a Prato è una contraddizione in termini.
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