I paesi europei stanno violando il diritto internazionale del mare e le norme che tutelano i diritti umani. Lo denuncia l’Asgi, associazione per gli studi giuridici sull’immigrazione, a proposito del caso delle navi Sea Watch e Sea Eye, che da quasi due settimane sono bloccate nel mar Mediterraneo con a bordo 49 migranti in attesa di poter sbarcare in un porto sicuro.
“Da giuristi non possiamo che denunciare, ancora una volta, l’illegittimità di quanto sta nuovamente accadendo nel Mediterraneo: il diritto di sbarco in un porto sicuro viene posto in discussione in ogni singolo episodio di salvataggio, senza considerazione alcuna per le norme”, si legge nel comunicato dell’Asgi, in cui si sottolinea anche come questo sia solo l’ultimo “di uno stillicidio ormai costante in spregio del diritto e fuori da ogni inesistente ‘invasione'”.
“Il diritto internazionale del mare prevede che gli Stati e, quindi, anche le autorità italiane, abbiano l’obbligo di adottare tutte le misure necessarie a che tutte le persone soccorse possano sbarcare nel più breve tempo possibile in un luogo sicuro”, fa notare l’associazione.
E ancora: “Il rifiuto di consentire lo sbarco, in particolare a persone vulnerabili (donne e bambini, anche piccolissimi) sfuggite a torture e violenze, che oggi si trovano in permanenza prolungata su una nave in condizioni di sovraffollamento e di promiscuità e con bisogno di accesso a cure mediche e a generi di prima necessità viola le norme a tutela dei diritti umani fondamentali e sulla protezione dei rifugiati”.
Nel comunicato dell’Asgi si citano, in particolare gli articolo 2 e 3 della Convenzione europea per i diritti dell’Uomo, “oltre che il principio di non refoulement e il diritto di accedere alla procedura di asilo sanciti dalla Convenzione di Ginevra, dal diritto comunitario e dall’articolo 10 della Costituzione italiana”.
“Ci riserviamo di supportare e promuovere ogni azione giudiziaria nelle sedi competenti per ingiungere il rispetto del diritto e sanzionare le violazioni in essere e l’indebita strumentalizzazione della situazione di persone vulnerabili al fine di porre in discussione le regole di ripartizione dei richiedenti asilo nell’Unione europea al di fuori delle sedi proprie”, scrive l’associazione.
“Invitiamo tutti i soggetti istituzionali, al di là della loro competenza, a far sentire la loro voce anche con atti di impegno civile a favore di coloro che sono ostaggio di una politica senza più legge”.
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