Il 3 ottobre 2016 il sindaco di Parma Federico Pizzarotti ha annunciato in una conferenza stampa di aver deciso di abbandonare il Movimento Cinque Stelle. “Non sono cambiato io o i nostri ideali, è cambiato il Movimento Cinque Stelle” ha dichiarato il primo cittadino della città emiliana.
L’attuale situazione di tensione tra il Movimento Cinque Stelle e Federico Pizzarotti è iniziata nel maggio 2016, quando il sindaco di Parma era stato indagato dalla procura per abuso d’ufficio nell’ambito di un’inchiesta sulle nomine per il Teatro Regio. Pochi giorni dopo, Beppe Grillo, fondatore del Movimento Cinque Stelle, attraverso un post sul suo blog annunciò la sospensione di Pizzarotti.
In tutta risposta il sindaco di Parma, nel denunciare la scarsa trasparenza, la disorganizzazione interna al movimento e la sua gestione verticistica, mostrò alcune schermate del proprio cellulare con messaggi in cui chiedeva al vicepresidente della Camera dei deputati Luigi Di Maio – responsabile degli enti locali per il direttorio del Movimento Cinque Stelle – e al presidente della commissione di vigilanza Rai Roberto Fico delucidazioni su come gestire alcune questioni locali legate al movimento, senza tuttavia ricevere alcuna risposta.
A rendere più complessa la situazione ci fu il fatto che negli stessi giorni un altro sindaco pentastellato, il primo cittadino di Livorno Federico Nogarin, veniva indagato ma anziché ricevere una sospensione dal movimento gli venivano recapitati numerosi attestati di solidarietà.
Nel settembre 2016 due situazioni hanno portato a un ulteriore inasprimento dei rapporti tra Pizzarotti e il Movimento Cinque Stelle. Mentre a Roma iniziavano i problemi relativi alla nomina degli assessori della giunta di Virginia Raggi, con le difficoltà nel trovare un delegato al Bilancio e la notizia che l’assessore all’Ambiente Paola Muraro era da tempo indagata, Pizzarotti ha avuto modo di notare, anche in quest’occasione, come il trattamento verso gli altri sindaci del movimento fosse ben più indulgente rispetto a quello a lui riservato.
Paola Muraro, infatti, nonostante sia indagata – fatto che non prova alcuna colpevolezza, ma che nel Movimento Cinque Stelle è sempre stata ragione per chiedere le dimissioni – non è stata rimossa dall’incarico, e il direttorio si è limitato ad alcuni piccoli interventi su alcune figure della giunta Raggi.
Il 18 settembre, intanto, la procura di Parma ha deciso di archiviare le accuse nei confronti di Federico Pizzarotti, il quale però non è stato reintegrato nel Movimento Cinque Stelle nonostante la situazione a suo carico sia tornata limpida.
A dare un ulteriore colpo alla già critica posizione di Pizzarotti verso il suo movimento, la nomina ad assessori a Roma di Andrea Mazzillo, ex tesserato del Partito Democratico. “Cosa sarebbe successo se io avessi nominato uno con la tessera del PD ? Siamo stati messi in croce per molto meno” ha commentato il sindaco di Parma, che il 3 ottobre ha definitivamente annunciato il suo addio dal Movimento Cinque Stelle.
A seguire Pizzarotti fuori dal movimento ci saranno anche la stragrande maggioranza dei consiglieri comunali eletti proprio con i Cinque Stelle e che sostengono la sua giunta a Parma, e che erano presenti con il sindaco alla conferenza stampa in cui ha annunciato l’addio.
Eppure Federico Pizzarotti rappresentava un vero e proprio simbolo per il Movimento Cinque Stelle e per la rapida ascesa di questa formazione politica. Nel 2012, infatti, sconfiggendo il candidato del Partito Democratico Vincenzo Bernazzoli al ballottaggio, Pizzarotti divenne il primo sindaco pentastellato di un capoluogo di provincia in Italia.
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Per questa ragione, oggi, la sua uscita dal movimento ha un valore diverso rispetto a casi più isolati avvenuti fino adesso. Le fuoriuscite di Giovanni Favia e Federica Salsi, espulsi dal movimento nel 2012, erano avvenute quando ancora i Cinque Stelle non avevano la forza politica-elettorale di cui dispongono oggi, mentre le numerose espulsioni e fuoriuscite di parlamentari avvenute tra il 2013 e oggi riguardano persone che, per via della legge elettorale in vigore alle scorse elezioni politiche, facevano parte di liste bloccate e non hanno dovuto misurarsi – se non nelle “parlamentarie” online con cui è stato scelto l’ordine dei candidati in lista – con il consenso degli elettori nei loro confronti.
Diversamente da questi casi, Pizzarotti è stato votato dai cittadini di Parma, che al primo turno lo hanno fatto arrivare secondo e qualificarsi al ballottaggio, dove hanno poi deciso di eleggerlo sindaco con oltre il 60 per cento dei voti.
Per questo l’addio di Pizzarotti è diverso da qualsiasi altro addio del Movimento Cinque Stelle. Adesso si aprono diversi possibili scenari, ma i primi fattori fanno pensare che il sindaco di Parma non sia intenzionato a fondare nuovi movimenti o aderire ad altri partiti.
Il fatto che abbia annunciato di essere stato seguito dal suo gruppo in consiglio comunale fa intendere come la “scissione” di Pizzarotti, per quanto abbia un valore politico nazionale, sia un fatto locale, e voglia limitarsi a proseguire il suo mandato da indipendente.
Certo è che il Movimento Cinque Stelle ha iniziato la legislatura nel 2013 con 109 deputati e 54 senatori, ma ora si ritrova, tra espulsioni e abbandoni volontari, con 91 deputati e 35 senatori. Il gruppo degli “ex Cinque Stelle” risulta dunque molto numeroso, e seppur privo di alcuna struttura non è da escludere che nel medio termine cerchino una qualche forma di organizzazione.