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    Torino, picchiata con una mazza da baseball: “Mi ha salvato una donna marocchina”

    Katia Trentacoste è stata picchiata dal suo ex con una mazza da baseball
    Di Cristiana Mastronicola
    Pubblicato il 9 Apr. 2019 alle 15:14 Aggiornato il 9 Apr. 2019 alle 17:02

    Katia Trentacoste ha 56 anni e fa la macellaia a Porta Palazzo, a Torino. Da una settimana ha un occhio nero e lividi su tutto il corpo. A ridurla in queste condizioni è stato l’ex compagno, un agente immobiliare di 65 anni, che l’ha colpita ripetutamente con una mazza da baseball.

    Ma non solo: l’uomo ha preso Katia e l’ha scaraventata giù dalle scale. Non contento, l’ha raggiunta e ha continuato a pestarla. A salvare Katia è stata una donna, che, senza pensarci due volte, ha fermato il 65enne. L’aggressore è finito in manette e adesso è in carcere con l’accusa di tentato omicidio, ma la paura di Katia è che, uscito di carcere, l’ex compagno torni a cercarla.

    A raccontare la storia di Katia è il Corriere della Sera, che ha intervistato la donna.

    Tutte le notti la 56enne rivive quell’incubo: “Erano le 9, stavo uscendo in strada, ma non sono nemmeno riuscita ad aprire il portone. Ho sentito un dolore improvviso alla testa, mi sono girata e l’ho visto. Si era nascosto nell’androne del palazzo. Non riuscivo a credere che l’uomo con cui ho diviso otto anni della mia vita fosse venuto a uccidermi con una mazza da baseball”, ha detto la donna.

    Il racconto di Katia è drammatico: “Mi ha gridato ‘adesso di ammazzo’ e ha continuato a colpirmi sulla testa. Io mi sono difesa, ma mi ha trascinata sulle scale della cantina e ha stretto le mani attorno al mio collo. Pensavo di essere morta e invece mi hanno salvato il pensiero dei miei figli e l’intervento di quella ragazza”.

    Quella ragazza, poi, è tornata a trovare Katia: “È diventata il mio angelo custode. Si chiama Zohra, una giovane mamma marocchina che passava in strada per caso. Mi ha sentito gridare e, con il coraggio che solo una donna può avere, è entrata nel portone ed è scesa in cantina. Mi ha difesa, ha chiesto aiuto e poi è arrivato mio figlio. Le scade il permesso di soggiorno, farò di tutto per aiutarla”.

    Adesso Katia sta meglio, “ma certe ferite non si rimarginano”, dice. “Non vedo bene da un occhio e mi hanno trovato del liquido attorno al cuore, ma riesco a camminare. Quello che mi fa più rabbia è non essere riuscita a rendermi conto del pericolo che stavo correndo”, ha raccontato ancora.

    Come ha spiegato Katia, il suo ex compagno era stato violento con lei solo una volta: “E l’avevo cacciato di casa. Però continuava a cercarmi. Una volta mi ha fatto sparire l’auto e ha rovinato quella di mio figlio. E aveva fatto un doppione delle chiavi di casa, non pensavo arrivasse a tanto”.

    Non riuscirà mai a perdonarlo, Katia. “Nessuna donna deve provare quello che ho provato io. Fra pochi giorni dovrei lasciare l’ospedale, ma non vorrei che la mia guarigione possa far cambiare il capo di imputazione. Quell’uomo voleva uccidermi e deve restare in carcere”.

    La donna spera di tornare a lavorare a Porta Palazzo presto: “Lavoro in macelleria da 40 anni e sabato sono venuti a trovarmi tanti miei colleghi. Non vedo l’ora di riabbracciarli e quel giorno avrò di nuovo il mio sorriso. Non sarà certo un uomo a togliermelo”.

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