Nel 2012, quando aveva soli 15 anni, rubò tre merendine da un distributore automatico nella scuola che frequentava. Un furto dal valore totale di 5 euro. Oggi, dopo 7 anni e un processo andato avanti in contumacia – visto che nel frattempo si è reso totalmente irrintracciabile – un cittadino albanese di 22 anni, che lavora come bracciante agricolo nel Casertano, è stato convocato in caserma e poi condotto in carcere, dove dovrà scontare una pena di 2 mesi e 20 giorni di reclusione. In più, dovrà pagare una multa di 80 euro.
La singolare storia arriva da Pesaro, precisamente dal comune di Vallefoglia, dove il giovane viveva ai tempi della scuola. Il 18 ottobre 2012, insieme ad altri compagni di età compresa tra i 13 e i 15 anni, il ragazzino mise a segno il furto ai danni del distributore. I tre vennero però riconosciuti e denunciati da un carabiniere.
Gli altri giovani studenti, presenti durante il processo, hanno ricevuto il perdono giudiziale. Ma per il 22enne la storia si è evoluta diversamente: è stato condannato in contumacia senza richieste di misure alternative, dal momento che il ragazzo si è reso irreperibile persino dall’avvocato d’ufficio, Marco Vitali. Quest’ultimo, dunque, necessitando di una delega speciale per chiedere una pena diversa dalla detenzione, non ha potuto fare altro che assistere alla condanna del suo assistito per il furto di tre merendine.
Lo stesso avvocato, come riportato da Il resto del Carlino, si è detto “avvilito” da ciò che è successo: “Siamo di fronte ad un caso di malagiustizia – ha affermato – che spedisce in carcere un ragazzo per una merendina del valore di 5 euro. È un’ingiustizia”.
Vitali ha poi raccontato qualcosa in più sulla storia del ragazzo, che negli ultimi anni è stato anche coinvolto in piccoli episodi di spaccio: “Dopo esser stato riconosciuto da un carabiniere che ha pensato di identificarlo in un “giovane col cappuccio in testa che stava arraffando la merendina”, è sparito dalla casa famiglia di Vallefoglia tornando in Albania. I genitori, da Caserta, hanno dichiarato alla procura un domicilio, anche se poi non c’era nessuno. Ma questo è stato sufficiente per procedere col processo”.
Il processo è andato avanti nei tre gradi di giudizio. Davanti alla Cassazione, l’avvocato ha chiesto l’annullamento della condanna “per la dubbia identificazione dell’imputato” e per la sua non consapevolezza di ciò che gli stava accadendo. Ma il ricorso è stato respinto.
“Quando è arrivata l’esecuzione della pena con sospensione di 30 giorni – conclude Vitali – avrei dovuto presentare richiesta di misura alternativa, ma non avevo la procura speciale per farlo perché non sono riuscito a rintracciare il ragazzo. Scaduto il termine, la sentenza è diventata esecutiva e a quel punto il ragazzo è stato rintracciato a Caserta”.
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