Da una parte la famiglia Impastato, che con una lunga lotta dopo 24 anni è riuscita ad ottenere la verità giudiziaria sull’assassinio di Peppino da parte della mafia, dall’altra la famiglia Regeni, che sta ancora combattendo per ottenere la verità sull’omicidio di Giulio, avvenuto a gennaio 2016 in Egitto.
Il 9 maggio 2018 queste due storie, apparentemente distanti, si congiungeranno per qualche ora.
Da Terrasini, paese in provincia di Palermo in cui aveva sede Radio Aut, fino a Cinisi, dove viveva Peppino Impastato, si terrà un corteo in memoria dell’attivista e giornalista siciliano ucciso da Cosa Nostra esattamente 40 anni fa (qui la storia di Peppino Impastato).
L’anniversario coincide tra l’altro, con quello del ritrovamento del corpo di Aldo Moro, ragion per cui la notizia della morte di Peppino passò inosservata su gran parte dei media nazionali (qui l’intervista di TPI al generale Cornacchia, che ritrovò il corpo di Aldo Moro).
A chiudere la manifestazione a Cinisi, ci sarà un collegamento Skype con i genitori di Giulio Regeni, Paola e Claudio, e con il loro legale Alessandra Ballerini (qui lo speciale di TPI sul caso Regeni).
L’appuntamento è alle 20.30 nello spazio esterno alla sede di Casa Memoria, l’associazione che porta il nome di Peppino Impastato e sua madre Felicia.
Al centro dell’iniziativa, il tema dei diritti negati.
“Peppino e Giulio sono uniti da molte similitudini”, ha detto il fratello minore di Peppino, Giovanni Impastato. “Due giovani che hanno fatto della difesa dei diritti negati il filo conduttore delle loro brevi vite. Entrambi oggi fanno sentire la loro voce, attraverso l’impegno di persone fermamente disposte a non rinunciare alla verità e alla giustizia”.
“Questo collegamento è un modo per far sentire ancora una volta la voce di Peppino”, ha continuato “se fosse vivo, non esiterebbe a schierarsi accanto ai Regeni per aiutarli a ottenere giustizia e verità per Giulio”.
TPI ne ha parlato con Luisa Impastato, figlia del fratello minore di Peppino, Giovanni.
Il 9 maggio 2018 ricorre il quarantesimo anniversario dalla scomparsa di Peppino, come vivrete questa ricorrenza?
Quest’anno è una ricorrenza importante, che segna un impegno quarantennale di lotta per difendere la figura di Peppino. Ci sarà un corteo che da Radio Aut arriva simbolicamente a Cinisi, a Casa Memoria, ripercorrendo l’ultimo tragitto che probabilmente ha percorso Peppino prima di essere ucciso.
In serata ci sarà un collegamento con la famiglia Regeni.
Qual è il legame tra Peppino e Giulio Regeni?
Sono due personaggi legati alla ricerca della verità e della giustizia. I familiari di Regeni si impegnano per raggiungere la verità.
Questo si collega anche al depistaggio che c’è stato nel caso di Peppino. L’impegno dei suoi familiari e compagni ha permesso, anche se ci sono voluti 24 anni, di arrivare a una verità giudiziaria.
Su questo voi avete portato avanti una battaglia. Qual è ora il vostro prossimo obiettivo?
È quello che portiamo avanti quotidianamente con le attività di Casa Memoria.
Il 9 maggio è solo un momento conclusivo di un’attività che si svolge in tutto l’anno, accogliendo decine di migliaia di persone che varcano la soglia di Casa Memoria, cui cerchiamo di trasmettere attraverso le nostre testimonianze e attraverso l’esempio e la storia di Peppino, il messaggio educativo legato a lui.
Cerchiamo di dare alle nuove generazioni degli spunti di riflessione che partono dalla storia di Peppino, per produrre una cultura antimafiosa. Portiamo avanti la memoria di Peppino ma cerchiamo di farlo in maniera attiva, non soltanto da un punto di vista celebrativo.
Tuo padre Giovanni ha chiesto di non archiviare l’inchiesta sul depistaggio riguardante l’omicidio di Peppino. Cosa bisogna ancora chiarire?
Il caso di Peppino, in confronto a molte altre vittime di mafia, ha avuto un riscontro giudiziario anche grazie a chi si è impegnato. Grazie soprattutto alla scelta di mia nonna (Felicia Impastato, da cui prende il nome Casa Memoria insieme a Peppino, ndr) di costituirsi parte civile rompendo la tradizione mafiosa che voleva che le donne si chiudessero all’interno del proprio lutto. Lei decise di affidarsi alla giustizia.
Ma sicuramente ci sono ancora dei punti da chiarire. La recente sentenza sulla trattativa (Stato-mafia, ndr) ha visto anche una condanna all’ex generale dei Ros Antonio Subranni, che è stato anche uno dei responsabili del depistaggio su Peppino. Questo potrebbe portare ad altre risposte.
Siete fiduciosi su questo?
Noi ci siamo affidati alla giustizia. Dico “siamo” anche se io sono arrivata nove anni dopo la morte di Peppino, però ormai è una storia che è diventata anche la mia.
Abbiamo fiducia nelle istituzioni e nella parte sana dello Stato, come l’ha avuta mia nonna, nonostante in quel momento lo Stato non fosse esattamente dalla sua parte.
Ci sono dei collegamenti tra la figura di Peppino e quella di Danilo Dolci, che a pochi chilometri da Cinisi, nel 1970 aprì la prima Radio Libera d’Italia?
Sicuramente Danilo Dolci e Peppino Impastato hanno avuto un percorso in comune, anche relativamente alla non-violenza, alla vicinanza ai cosidetti “Poveri Cristi”.
Peppino non portava avanti solo la lotta alla mafia, era impegnato anche in battaglie sociali, si trovò affianco ai più deboli, lottava per i loro diritti contro lo sfruttamento e per ottenere i diritti negati, che è anche il tema della manifestazione di quest’anno.
Che tipo di riscontro ha avuto Casa Memoria sul territorio finora?
Casa Memoria è una bella realtà, che cresce di giorno in giorno. Per me che sono il presidente, ma sono anche parte della famiglia, è un’enorme responsabilità, soprattutto perché vedo che Peppino è diventato un punto di riferimento per le nuove generazioni. I ragazzi che incontriamo quotidianamente si rivedono in lui, lo vedono come un esempio da seguire. In questo credo si stia facendo un buon lavoro.
Un altro aspetto riguarda il territorio di Cinisi. Ormai non è più conosciuto come il paese di Gaetano Badalamenti ma come quello di Peppino Impastato: un riscatto per questa terra.
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