Tolleranza, libertà, giustizia sociale, uguaglianza, rispetto per l’ambiente. Le parole d’ordine di José Alberto Mujica Cordano sono sempre le stesse: hanno segnato la sua vita quando militava nelle fila dei Tupamaros, l’hanno seguito nelle vesti di presidente dell’Uruguay e lo caratterizzano ancora oggi, a pochi giorni dalle dimissioni da senatore.
“Tutti lo chiamano ‘Pepe'”, scriveva Giulio Gambino sull’Espresso qualche anno fa. “Non porta la cravatta e fino a qualche anno fa nemmeno la giacca: girava in guayaberas cubane e giubbotti in stile country”.
E infatti Pepe Mujica si presenta così all’incontro organizzato da Legacoop allo stabilimento industriale Deco di Bagnacavallo, alle porte di Ravenna: come un lavoratore che non ha mai smesso di tirarsi su le maniche per darsi da fare.
Passo lento e pacato, un cappellino sulla testa canuta. Gli occhi sono due fessure strette che scrutano affabili chi lo ascolta. Le rughe profonde che segnano il suo viso rotondo racchiudono una vita fatta di lotte e militanza.
L’intento dell’incontro a cui il leader partecipa a Ravenna è quello di sviscerare l’idea di cooperazione. Quando prende la parola, Pepe Mujica catalizza l’attenzione di tutti.
La voce calda nasconde i messaggi rivoluzionari che l’ex presidente del paese sudamericano predica e pratica da sempre.
“Abbiamo una sola strada ed è quella della cooperazione”, ripete come un mantra Mujica alla cinquantina di persone che lo ascoltano. “L’uomo per natura è portato ad associarsi: non siamo come i felini che vivono da soli. Siamo scimmie che si riuniscono in famiglie”, asserisce lento.
La cooperazione è l’unico modello da seguire per non soccombere al sistema della crescita senza limiti che sta portando al collasso il pianeta. Per contrastare il “processo brutale di concentrazione delle ricchezze” l’unica via è il collettivismo.
“Il senso di associazione è insito in noi. Dobbiamo difendere il mondo dei lavoratori e l’unico strumento che abbiamo è questo, quello dell’associazione”, ripete.
“È necessario oggi più che mai che i deboli imparino a riunirsi. È urgente che lo facciano, perché questo è l’unico modo per fermare le grandi multinazionali che li schiacciano”. L’indipendenza si raggiunge solo riunendosi, spiega l’ex tupamaros: “Bisogna vincere l’egemonia dell’egoismo, imparare la virtù del collettivo”.
Classe 1935, Pepe Mujica sa bene che il tempo delle lotte non si è fermato agli anni Sessanta, quando militava nel Movimiento de Liberación Nacional del suo paese.
Come la sua generazione si è resa protagonista di battaglie che hanno cambiato la storia, così quella di oggi deve continuare a difendersi, a non piegarsi alle regole spietate del mondo di oggi.
Non sono tempi felici per i giovani, ma la colpa non è loro. “I giovani continuano ad innamorarsi. È colpa del tempo in cui viviamo in cui non c’è niente che ci faccia innamorare”.
“Siamo cittadini del mondo e giriamo in barca per l’universo. Questa barca sta entrando in un’epoca pericolosa, ma dobbiamo continuare a navigare”, spiega Mujica, che non manca di sottolineare le responsabilità di chi è nato ieri rispetto al mondo che lascia a chi nasce oggi.
Parla di ambiente, il presidente, e sottolinea con forza la necessità di prendere in mano la situazione. Arginare il declino ambientale cui andiamo inesorabilmente incontro è possibile: “Eliminiamo gli sprechi, diamoci da fare, perché tra qualche decennio se continuamo così sparirà il Bangladesh, spariranno intere isole”.
“Stiamo lasciando ai nostri figli un olocausto ecologico gigantesco, una padella per friggere la vita”, ammonisce rigido Mujica.
Una vita che per il presidente non si esaurisce tutta nella corsa forsennata alla ricchezza. Di fronte alla metamorfosi del mondo del lavoro, la posizione dell’ex presidente uruguaiano va in direzione ostinata e contraria a quella della maggioranza.
Le polemiche attorno all’utilizzo dei robot diventano per Pepe Mujica occasione per rivedere l’idea stessa di lavoro. In un mondo in cui l’uomo viene identificato col suo lavoro, è necessario riportare al centro la persona.
“Tanto per cominciare i robot non vanno a fare la spesa”, scherza Mujica. “Sarebbe meraviglioso se le macchine potessero sostituirsi totalmente all’uomo”, dice Mujica, sovvertendo la retorica sull’utilizzo sfrontato dei robot con la conseguente perdita di posti per i lavoratori”.
“In questo modo l’uomo potrebbe finalmente fare altro, dedicarsi alle sue passioni, alla cura dei propri cari”, a una vita non più dettata dai ritmi lavorativi, insomma.
E, infatti, la più grande sfida oggi per Pepe Mujica non è quella dei robot. “La sfida più importante è quella del tempo: non si vive solo per lo sviluppo economico. Abbiamo una sola vita e scivola via. Abbiamo il diritto di renderla migliore possibile”.
“È vero – continua il leader sudamericano pesando sempre le parole – il sistema di oggi ci dà la possibilità di essere più ricchi, ma siamo sicuri che saremo anche più felici?”.
E non è un caso se agli occhi del mondo è conosciuto come il “presidente povero”. Durante il suo mandato, al mese guadagnava circa 10 mila euro e il 90 per cento lo donava al Fondo Raúl Sendic, dal nome del leader del Movimento di liberazione nazionale dei “Tupamaros”, per lo sviluppo delle aree più povere del Paese. Così, “Pepe” tratteneva per sé solo 800 euro. Anche la sua pensione da senatore va in beneficenza.
Ha venduto fiori per una vita e ha trascorso quasi 15 anni in prigione. I soldi non gli sono mai interessati: ufficialmente, non ha un conto in banca e nemmeno una carta di credito. Praticamente un nullatenente, non fosse per il suo maggiolino celeste (valore 1,500 euro).
Il concetto di felicità scardinato da quello di ricchezza torna spesso nei discorsi di Pepe Mujica. È al centro di un’idea di società del benessere distante da quella che viviamo oggi.
“La felicità non equivale per forza alla ricchezza. Non è qualcosa di immediato, ha bisogno di tempo per crescere. La felicità non è merce di scambio, non si compra e non si vende”.
E nella vita “abbiamo tutti diritto alla nostra quota di felicità”. Una felicità che si conquista nonostante la crudezza della vita, le difficoltà, le cadute: “Il vero trionfo – ammonisce Mujica – è continuare a camminare dopo essere caduti”.
Una lezione, quella del leader uruguaiano, che apre gli occhi e travalica i confini ortodossi del discorso politico. Si fa maestro di vita, Mujica. “Ricordatevelo: quando la vita vi colpirà, rialzatevi, andate avanti”.