La parola “partito della bistecca” in Italia richiama spesso concetti come quello di una formazione politica che guarda solo al proprio particolare interesse o che fa promesse elettorali esorbitanti. In ogni caso, il partito della bistecca in Italia è realmente esistito, si è presentato alle elezioni e possiamo considerarlo il primo esempio di partito satirico italiano.
I partiti satirici sono formazioni che nascono in genere come forma di protesta che viene tuttavia manifestata attraverso programmi e proposte volutamente irrealizzabili allo scopo di divertire, magari mettendo in questo modo in evidenza eventuali contraddizioni di altri partiti. Oggi esistono esempi di questo tipo in tutto il mondo, come il tedesco Die PARTEI, fondato dal comico Martin Sonneborn e che porta avanti proposte quali la ricostruzione del Muro di Berlino e l’invasione del Liechtenstein, o il Partito del Cane a due code ungherese, che nel 2016 in occasione del referendum sui migranti ha fatto una campagna basata su slogan assurdi e satirici, o ancora Monsters Raving Loony, formazione politica britannica che da anni presenta candidati e programmi dichiaratamente a sfondo satirico.
In Italia questa tradizione, sicuramente più presente all’estero che da noi, è stata recentemente portata alla ribalta nelle comunali a Piacenza, con il candidato Stefano Torre che ha portato avanti proposte come l’abolizione della morte, la costruzione di un vulcano vicino alla città emiliana e l’acquisto di Cristiano Ronaldo da parte del Piacenza, ottenendo a sorpresa oltre il quattro per cento dei consensi.
Tuttavia, Torre non è stato il primo, in Italia, a realizzare un partito simile. Per trovare il primo caso di partito satirico italiano dobbiamo tornare alle elezioni politiche del 1953, quando sulle schede comparve il Partito Nettista Italiano, meglio noto con il soprannome di “Partito della bistecca”.
Fondatore di questo movimento fu l’editore Corrado Tedeschi, che all’epoca pubblicava un popolare settimanale d’enigmistica chiamato Nuova Enigmistica Tascabile, abbreviato in NET: da questo nacque il nome di Partito Nettista.
Tale formazione, guidata da Tedeschi, aveva un programma basato sul fatto che le macchine avrebbero presto fatto il lavoro al posto degli uomini, e per questo era in grado di promettere l’abolizione totale delle tasse, tre mesi di villeggiatura assicurati per ogni italiano, promozione dei giochi, degli svaghi e dei divertimenti e la somministrazione quotidiana per ciascuno di 450 grammi di bistecca, da cui il soprannome del partito. Questo avrebbe poi portato all’abolizione del carcere dal momento che ricevendo 450 gravidi carne al giorno nessuno avrebbe avuto la necessità darsi alla delinquenza o far scoppiare guerre.
Simbolo del partito era una vitella, proprio per via della promessa delle bistecche, e l’inno del partito erano una serie di muggiti di mucche. Gabriele Maestri, esperto di simboli elettorali, sentito da TPI ha dichiarato che il primo simbolo depositato dal Partito Nettista riportava anche la scritta “Viva la bistecca”, ma il ministero dell’Interno decise di non accettarlo e tale scritta fu perciò rimossa.
Sotto: la prima versione del simbolo, gentilmente fornitaci da Gabriele Maestri
Alle elezioni il partito si presentò solamente nelle circoscrizioni di Roma, Firenze e Milano, ottenendo in tutto poco più di 4mila voti, pari allo 0,02 per cento. Nella circoscrizione di Firenze ottenne la percentuale più alta, pari allo 0,14, seguito da Roma allo 0,09 e Milano allo 0,08.
Sotto: un video dell’Istituto Luce del 1953 in cui Corrado Tedeschi presenta il Partito della bistecca