La Procura di Roma ha deciso di formalizzare l’iscrizione nel registro degli indagati di alcuni dei nove soggetti, tra poliziotti egiziani e agenti del servizio segreto civile, ritenuti coinvolti nell’omicidio di Giulio Regeni.
Sette agenti dei servizi segreti egiziani saranno indagati a Roma per il reato di sequestro di persona nell’ambito dell’inchiesta sulla scomparsa, sulle torture e sulla morte di Giulio Regeni. La Procura della capitale procederà formalmente alla loro iscrizione all’inizio della prossima settimana.
Dalle indagini tecniche sui tabulati telefonici che il Procuratore Giuseppe Pignatone e il pm Sergio Colaiocco hanno affidato alla squadra investigativa di Ros e Sco è emerso che i 7 agenti segreti del Cairo hanno monitorato i contatti, le frequentazioni e i movimenti di Giulio Regeni almeno fino al 25 gennaio del 2016.
Gli esiti di questi approfondimenti erano stati portati a conoscenza delle autorità egiziane da almeno un anno così come i nomi degli 007 che gli inquirenti romani intendono mettere sotto indagine.
Secondo gli investigatori di Ros e Sco, gli indagati hanno avuto un ruolo nel sequestro del 28enne ricercatore di origine friulana e nelle attività di depistaggio che hanno fatto seguito al ritrovamento del cadavere.
La decisione è stata comunicata dai pubblici ministeri di piazzale Clodio ai magistrati egiziani durante un vertice congiunto a Il Cairo. Oltre a rinnovare la collaborazione tra le autorità giudiziarie di Roma e del Cairo, la Procura di Roma ha deciso di procedere indipendentemente sul caso.
I pm hanno quindi comunicato che l’iscrizione dei nomi degli indagati “costituisce un passaggio obbligato per il nostro ordinamento processuale, step che la legislazione locale non contempla”.
“Fermi restando i buoni rapporti tra i due uffici che si sono impegnati a incontrarsi di nuovo per fare il punto delle indagini, la Procura di Roma, insomma, ritiene che oltre due anni di accertamenti e ben dieci incontri tra inquirenti finalizzati allo scambio di atti e di informazioni siano più che sufficienti per dare una significativa accelerazione all’inchiesta. Accelerazione che non avrà ripercussioni sull’attività congiunta che andrà avanti ancora con la magistratura del Cairo nei prossimi mesi”.
I magistrati della Procura di Roma e della Repubblica Araba d’Egitto, che indagano sul sequestro, sulle torture e sulla morte del 28enne ricercatore di origine friulana, scomparso al Cairo il 25 gennaio 2016 e il cui cadavere è stato ritrovato il 3 febbraio, si sono incontrati tra il 27 e il 28 novembre 2018 per scambiare “grazie al buon rapporto tra i due uffici, i rispettivi punti di vista sullo stato delle indagini”.
“Al termine dell’incontro le parti hanno riaffermato la determinazione a proseguire le indagini e incontrarsi nuovamente nel quadro della cooperazione giudiziaria fino all’individuazione certa dei responsabili” della morte del ragazzo.
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