Austria: Alexander van der Bellen è il nuovo presidente della Repubblica austriaca. Decisivo è stato il voto per corrispondenza. Fino a ieri, dopo il primo scrutinio, i due candidati erano testa a testa. Norbert Hofer, leader del partito della Libertà (Fpoe) di estrema destra, prima del conteggio dei voti per corrispondenza si era attestato al 51,9 per cento dei voti, forte anche della maggioranza ottenuta al primo turno di queste presidenziali. Alexander van der Bellen, professore 72enne, ex leader dei Verdi che correva come indipendente, aveva invece ottenuto il 48,1 per cento dei consensi.
– Siria: diverse esplosioni hanno scosso la Siria nella mattinata. Almeno due esplosioni hanno avuto luogo vicino alla stazione ferroviaria della città costiera di Jableh, nella provincia di Latakia, mentre altre tre hanno colpito Tartus poco dopo. Entrambe le città sono controllate dal regime. L’Osservatorio siriano per i diritti umani riporta che le vittime sono oltre 140, mentre l’emittente di stato parla di 78 morti. Il sedicente Stato islamico ha rivendicato gli attacchi diretti alla comunità alawita, cui appartiene il presidente siriano Bashar al-Assad, tramite la propria agenzia di stampa Amaq. Secondo i media di stato e l’Osservatorio siriano per i diritti umani, una delle esplosioni ha colpito una struttura ospedaliera.
– Iraq: le forze regolari irachene si sono scontrate con i miliziani dell’Isis nei pressi di Falluja, mentre hanno cominciato a bombardare il centro della città dando il via all’offensiva per riprendere la roccaforte del gruppo estremista a ovest di Baghdad. I primi scontri si sono verificati nell’area di al-Hayakil alla periferia meridionale della città. Le truppe stanno anche convergendo sul sobborgo settentrionale di Garma, prima di dirigersi verso il cuore di Falluja. Raid aerei e colpi di mortaio sono stati diretti durante la notte contro quei quartieri dove si ritiene che il sedicente Stato islamico abbia il suo quartier generale. I bombardamenti si sono attenuati all’alba, quando è iniziata l’offensiva terrestre.
– Repubblica democratica del Congo: Joseph Kabila, presidente della Repubblica democratica del Congo, è accusato dall’opposizione di voler rimanere al potere oltre il limite di due mandati. Kabila governa il paese dal 2001, quando ha sostituito il padre, ucciso da una guardia del corpo nel palazzo presidenziale. È stato poi eletto presidente durante elezioni contestate nel 2006 e di nuovo nel 2011. Sono in molti a temere che i suoi tentativi di aggrapparsi al potere possano condurre a una violenza diffusa. Le tensioni politiche nel paese sono aumentate quando Moïse Katumbi, un ex alleato del presidente, è stato accusato di tentativo di golpe dopo aver annunciato che si sarebbe candidato alle elezioni previste per quest’anno.
– Libia: la guardia costiera libica ha intercettato sette imbarcazioni che trasportavano 850 migranti africani verso l’Europa. I migranti – provenienti soprattutto da Sudan, Eritrea e Somalia – sono stati trovati su sette gommoni diversi vicino alla città costiera di Sabratha, a ovest di Tripoli. Sono poi stati consegnati alle autorità libiche per il primo soccorso. Tra loro, vi erano 79 donne, 11 incinte. Dopo la caduta del colonnello Mu’ammar Gheddafi, la Libia è diventato uno dei principali hub del traffico di esseri umani. Solo in questi primi cinque mesi del 2016, ben 30mila migranti hanno provato ad attraversare i circa 300 chilometri di Mar Mediterraneo che separano la Libia dall’Italia.
– Vietnam: il presidente americano Barack Obama ha annunciato la revoca dell’embargo sulla vendita di armi al Vietnam dopo più di 40 anni. L’annuncio ha avuto luogo durante la conferenza stampa congiunta con il presidente vietnamita Tran Dai Quang. Obama è il terzo presidente americano consecutivo a visitare il paese asiatico dopo la normalizzazione delle relazioni bilaterali, nel 1995. La visita si inserisce in un più ampio contesto politico che vede gli Stati Uniti impegnati nel migliorare le relazioni con i paesi del Pacifico asiatico in funzione anticinese. Patrick Cronin, esperto del Center for a New American Security, sottolinea che “Washington e Hanoi sono determinate nell’autodifesa contro l’aggressività e l’assertività cinesi” e che la revoca dell’embargo è una decisione volta a contenere Pechino. Infatti, la Cina è protagonista di diverse dispute territoriali e marittime con i paesi circostanti, tra i quali Vietnam e Filippine.
– Turchia: dopo le dimissioni di Ahmet Davutoğlu, il presidente turco ha dato l’incarico di formare un nuovo governo a Binali Yıldırım. Yıldırım è un alleato di lunga data di Erdogan, e ha già promesso di dare maggiore autorità all’ufficio del presidente, con una riforma costituzionale in senso presidenziale che erode i poteri del primo ministro. Il fedelissimo di Erdogan aveva già ricoperto il ruolo di ministro dei trasporti per vari mandati. Yıldırım era stato co-fondatore insieme a Erdogan del partito Akp. Il premier designato, eletto segretario di partito durante il congresso di domenica 22 maggio, ha fatto sapere che sta già lavorando alla lista dei ministri, e che presto sarà presentata al presidente.
– Thailandia: un incendio scoppiato all’interno di un dormitorio in una scuola nel nord della Thailandia ha causato la morte di almeno 17 studentesse, mentre altre cinque sono rimaste ferite (di cui due gravemente) e altre due risultano ancora disperse. Venti ragazze sono state tratte in salvo dai vigili del fuoco. Si tratta di bambine tra i cinque e i dodici anni che frequentavano la scuola Rewat Wassana di Chiang Rai. L’incendio si è sviluppato intorno alle 23 (ora locale) di domenica e ha coinvolto l’edificio che ospitava al momento 38 studenti.
– Tagikistan: il 94,5 per cento degli elettori ha votato in favore del referendum costituzionale che consente al presidente Emomali Rahmon, alla guida del paese dal 1992, di rimanere in carica a vita. Con il voto è stato anche bandito il partito del Rinascimento islamico del Tagikistan, principale gruppo di opposizione.
– Cile: sabato 21 maggio sono esplose in Cile violente proteste in occasione del discorso sullo stato della nazione che la presidente Michelle Bachelet ha tenuto di fronte al congresso a Valparaiso. Le proteste avevano avuto inizio a marzo del 2016, a causa della recessione economica e di uno scandalo di corruzione che ha coinvolto la famiglia Bachelet, ed erano state finora pacifiche. I manifestanti hanno innalzato barricate e lanciato bombe incendiare, mentre le forze dell’ordine hanno risposto con lacrimogeni e idranti.
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