Nella tarda serata di mercoledì primo agosto 2018, la polizia italiana, su richiesta dell’autorità egiziane, aveva fermato all’aeroporto di Catania l’ex ministro degli Affari parlamentari nel governo Morsi, Mohamed Mahsoob.
La richiesta del Cairo è l’estradizione.
A dare la notizia era stato lo stesso ex ministro che in due diversi messaggi pubblicati su Twitter aveva spiegato cosa gli stesse succedendo.
Poco dopo le ore 15 di giovedì 2 agosto fonti vicine a TPI hanno riferito che l’uomo è stato rilasciato.
Nel post pubblicato su Twitter, l’ex ministro aveva precisato che le autorità italiane si erano rifiutate di rivelare le accuse contro di lui.
La vicenda
“La polizia italiana mi trattiene da tre ore vicino alla città di Catania sotto richiesta delle autorità egiziane di consegnarmi a loro, senza rivelare le accuse contro di me”, ha scritto.
الشرطة الإيطالية تحتجزني منذ ٣ ساعات قرب مدينة كاتانيا بطلب من السلطة المصرية لتسليمي..
وترفض الإفصاح عن التهم الموجهة لي..— Mohamed MAHSOOB (@MohammedMAHSOOB) 1 agosto 2018
Al quotidiano arabo Aljazeera, Mahsoob ha spiegato che “la polizia italiana lo ha accompagnato in un albergo e che l’indagine sarebbe stata avviata nei suoi confronti nella mattinata di oggi”.
Mohamed Mahsoob faceva parte del governo dei Fratelli musulmani, in un video pubblicato su Facebook ha spiegato di essere falsamente accusato dalle autorità egiziane di “distruzione di beni pubblici, truffa, stupro”.
Mohamed Mahsoob put out the attached video saying that he is being detained in a police station in comiso, southern Italy, based on a request by Egyptian government to hand him over. He says the request is based on false accusations. pic.twitter.com/H1kIf4UcX7
— Alaa Bayoumi (@Alaabayoumi) 1 agosto 2018
Se l’uomo fosse stato estradato in Egitto avrebbe rischiato la pena capitale.
Tuttavia, il mandato di estradizione è stato ritenuto non applicabile dato che l’ex ministro ha ottenuto la cittadinanza italiana, in quanto sposato con una donna italiana, e non è stato ritenuto sussistere il pericolo di fuga.
Secondo alcune fonti, l’ex ministro è stato fermato a causa di una presunta frode nei confronti di un’azienda.
Solo pochi giorni fa, sabato 28 luglio, 75 islamisti, tra cui molti leader dei Fratelli Musulmani, erano stati condannati a morte da tribunale del Cairo. È il più alto numero di condanne a morte in un solo processo.
La situazione in Egitto
Secondo quanto riporta il New York Times, il numero delle condanne alla pena di morte emesse dai tribunali egiziani è aumentato in modo significativo nel 2017. Si parla di almeno 186 casi.
La nuova Costituzione egiziana dl 2014 non fa nessun riferimento alla pena di morte. L’art 93 della Costituzione ribadisce l’impegno del Paese a rispettare tutti i Trattati e le Convenzioni internazionali concernenti i diritti umani che sono stati ratificati.
La pena di morte è applicabile in Egitto a oltre 40 reati.
La legislazione egiziana prevede infatti la pena capitale per diversi reati definiti dal codice Penale, dal codice di Giustizia Militare, dalla legge sulle Armi e sulle Munizioni e dalla Legge contro il Traffico di Droga. L’Egitto ha esteso l’applicazione della pena capitale da quando l’ex Presidente Hosni Mubarak ha preso il potere nel 1981 e successivamente alla sua cacciata, nel 2011 e a quella di Morsi nel 2013.