La Cassazione non ha dubbi: sulla veridicità dell’accusa di turbativa delle procedure di gara per l’assegnazione del servizio di raccolta e trasporto di rifiuti nel comune di Riace non sono emersi indizi.
Per questo Mimmo Lucano, ora può tranquillamente tornare a casa dopo la decisione della Cassazione di annullare con rinvio il divieto di dimora a Riace nei confronti di Mimmo Lucano, disposto il 16 ottobre dell’anno scorso dal tribunale di Reggio Calabria.
Nelle motivazioni depositate ieri si legge infatti che “la legge consente l’affidamento diretto di appalti in favore di cooperativa sociali finalizzate all’inserimento lavorativo delle persone svantaggiate” a condizione che “gli mi importi del servizio siano inferiori alla soglia comunitaria”.
E, guarda un po’, è esattamente quello che Mimmo Lucano ha fatto a Riace. Ma non è finita qui: secondo la Cassazione anche l’accusa dei matrimoni di comodo “poggia su base incerte”.
Ora che il suo ritorno a casa sembra più vicino bisognerà vedere come andrà invece l’altro procedimento (iniziato lunedì scorso a Locri) in cui c’è già stata l’udienza preliminare e che dovrà decidere l’eventuale rinvio a giudizio.
È certo che le parole della Cassazione avranno un peso non differente per quello che è stato dipinto come l’esempio più alto degli amici dei clandestini a partire dal ministro Matteo Salvini (ma non solo lui, ve ne sono molti anche tra i pentastellati) che non hanno usato parole morbide e nessun garantismo per festeggiare quello che secondo loro era un arricchito dall’immigrazione.
Chissà che effetto gli fa leggere che la Cassazione sottolinei come a Riace, che è un borgo arrampicato fatto di vicoli stretti e case altissime, era stato deciso di ricorrere “alla modalità dell’asinello porta a porta per la raccolta dei rifiuti urbani”.
Chissà cosa ne pensano della parte in cui si dice che “il generico riferimento alla presenza di interferenze od opacità”, sono “contraddittorie” e “illogicamente formulate” le argomentazioni a sostegno della presunta irregolarità dell’appalto, è “apoditticamente evocata la presunta malafede di Lucano nell’assegnazione del servizio”.
Per farla breve: dice la Cassazione che Mimmo Lucano non si è messo in tasca un euro e non ha favorito nessuno, come da tempo lui stesso sostiene insieme ai suoi sostenitori. Però una domanda sorge spontanea: chi chiederà scusa a Mimmo Lucano?
Quanto sono pesate le accuse del segretario di un partito che piuttosto si è intascato 49 milioni di euro di soldi pubblici mentre qui stiamo discutendo di asini e di disperati? Chi risarcirà il danno per un modello di cittadinanza e di integrazioni che era invidiato in tutto il mondo e ora è stato distrutto? A voi le risposte.
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