Quattro sindacalisti del Si Cobas e tre manifestanti, attivisti del centro sociale Vittoria, sono stati condannati per aver partecipato a una manifestazione di protesta davanti ai cancelli della Dhl Supply Chain di Settala (Milano).
L’accusa: violenza privata. I fatti risalgono al 19 marzo 2015 e i lavoratori, impiegati in cooperative per lavori di facchinaggio, chiedevano “il riconoscimento di diritti previsti dal contratto nazionale”.
Le condanne
I quattro sindacalisti del Si Cobas sono stati condannati a un anno e 8 mesi di reclusione. I tre attivisti del centro sociale Vittoria sono invece stati condannati a pene comprese tra un anno e 8 mesi e due anni e 6 mesi di reclusione.
Il legale: “Sentenza shock. Puniti solo per la loro presenza”
Eppure il rappresentante dell’accusa aveva chiesto l’ assoluzione per tutti, ma il giudice Alberto Carboni della sesta sezione penale del Tribunale ha optato per una condanna “esemplare”.
“I sindacalisti sono stati condannati per la loro sola presenza. Nessuno si è fatto male, tutto si è svolto tutto in un clima pacifico”, afferma a TPI uno dei legali, l’avvocato Mirko Mazzali.
Nell’originario capo d’imputazione, “poi smentito dallo stesso viceprocuratore onorario che ha chiesto l’assoluzione”, veniva contestato agli imputati il reato di violenza privata perché attraverso un picchettaggio all’ingresso dello stabile della DHL Supply Chain, “impedivano l’accesso di altri lavoratori non aderenti alla manifestazione e l’ingresso e l’uscita degli automezzi con a bordo prodotti farmaceutici con comportamento violento e minaccioso”.
“A nessuno degli imputati condannati sono state riconosciute le attenuanti generiche” denuncia l’avvocato. “È una sentenza preoccupante, sia dal punto di vista della responsabilità che della pena”.
Il riferimento è sia all’accusa di violenza privata “per una manifestazione di protesta” che per la pena comminata: “Si è arrivati fino a due anni e 6 mesi, uno sproposito, a fronte di un massimo di 4 anni e senza considerare che le condotte attribuite ai manifestanti non erano affatto violente”.
Nel mirino, secondo il legale, “la semplice partecipazione passiva davanti all’ingresso della fabbrica per motivazioni sindacali”. Come ci ha spiegato l’avvocato Mazzali “era una normale manifestazione sulla ben conosciuta questione del facchinaggio” e gli attivisti dei centri sociali “sono intervenuti solo per portare la loro solidarietà”.
Addirittura “anche gli agenti della Digos in aula hanno parlato di clima tranquillo” tanto che “diversi lavoratori sono entrati in fabbrica nonostante il picchetto”.
A spaventare, secondo l’avvocato Mazzali che parla di “peggiore sentenza mai vista in 27 anni di esercizio professionale”, sono “le motivazioni alla base del reato, la violenza privata per un picchetto. Qui nessuno ha toccato nessuno. È stata punita la sola presenza davanti alla fabbrica” e “non con una pena simbolica, ma con una condanna da reato grave”.
“Evidentemente il clima è cambiato. Mai un picchetto è stato punito con simili condanne”. L’augurio “è che si tratti di un caso eccezionale” e che “in appello e in cassazione il tutto venga ridimensionato”.
Ma il dato resta: “In questo procedimento si è arrivati a infliggere oltre la metà del massimo della pena (2 anni e 6 mesi a fronte di un massimo di 4 anni, ndr), una cosa che non succede mai, considerando che il minimo della pena è di 15 giorni di reclusione”.
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