Migrante ucciso in Calabria
“Sacko Soumayla era un nostro attivista da quando Usb è arrivata nei campi di Rosarno. C’è stato sempre, ha seguito tutta la vicenda sindacale, l’organizzazione dei braccianti della zona. Era molto attivo”.
Sono queste le parole con cui Guido Lutrario, dell’esecutivo nazionale dell’Unione sindacale di base (Usb), ricorda Sacko Soumayla, 29 anni, proveniente dal Mali, migrante ucciso in Calabria a colpi di arma da fuoco il 2 giugno a San Calogero, in provincia di Vibo Valentia, Calabria.
Lutrario, contattato telefonicamente da TPI mentre si sta recando nel luogo in cui Sacko è stato ucciso e un altro migrante è rimasto ferito (il terzo è miracolosamente illeso), ha fornito nuovi dettagli sull’accaduto.
“Dalle ricostruzioni che ci hanno dato sappiamo che questo assassinio è avvenuto alle 6 del pomeriggio, quindi era giorno”, dice il sindacalista a TPI.
Insieme a Sacko Soumayla c’erano Madiheri Drame, 30 anni, e Madoufoune Fofana, 27 anni. I tre, che vivevano nella baraccopoli di San Ferdinando (Reggio Calabria) erano entrati all’ex Fornace, una fabbrica abbandonata nella zona di San Calogero.
“Erano impegnati nel recupero di lamiere in una zona abbandonata, dove solitamente vanno questi ragazzi per costruirsi una baracca e rifugiarsi durante la stagione”, spiega Lutrario.
“Gli spari sono arrivati da una collinetta. Hanno sparato con evidente premeditazione”, aggiunge, “Gli spari sono stati ripetuti quindi l’obiettivo era abbastanza chiaro”.
Sacko è stato ucciso, Drame è stato colpito alla gamba, mentre il più giovane è rimasto illeso perché, spiega Lutrario, “si è riparato dietro la lamiera”.
“Siamo preoccupati che questo atto sia frutto di un clima politico che si è creato nel paese”, denuncia Lutrario. “Credo che il governo debba sbrigarsi a fugare questa preoccupazione e a dare un segnale. Su questo chiamiamo il nuovo governo, e in particolare i ministri direttamente impegnati, il ministro del Lavoro Luigi Di Maio e il ministro dell’Interno Matteo Salvini, a prendere una posizione chiara e dare un segnale di inversione di tendenza”.
Secondo Lutrario, è possibile che Sacko sia stato ucciso per le sue rivendicazioni.
“Che i migranti nelle campagne si stiano organizzando per rivendicare la tutela dei loro diritti fondamentali ormai è un fatto”, dice. “Per cui, chi non vuole il rispetto dei diritti fondamentali, potrebbe muoversi per cercare di impedire che i braccianti difendano i propri diritti”.
“Vogliamo verità e giustizia per Sacko”, aggiunge, “che è stato barbaramente ucciso perché voleva semplicemente difendere i diritti suoi e dei suoi compagni di lavoro”.
“Nel corso di questi anni altri migranti sono stati assassinati”, dice. “Ma qui siamo ad un’azione premeditata, per cui c’è un salto di qualità. Ed è possibile che questo sia l’effetto del clima che si è prodotto nel paese”.
I diritti negati dei migranti nelle campagne
Secondo il sindacalista, questo omicidio è “un atto molto pesante” contro braccianti che già vivono una condizione durissima. La situazione, spiega, è ormai insopportabile.
“Sono lavoratori che vengono retribuiti fuori da ogni regola: 2 euro l’ora, 20 euro al giorno, 10-12 ore di lavoro, nessun rispetto delle condizioni minime di vita e di sicurezza, di salvaguardia delle condizioni di salute, completa irresponsabilità da parte dei proprietari dei terreni, che avrebbero l’obbligo di offrire loro un alloggio, invece li abbandonano in questo modo”.
L’Unione sindacale di base chiede che a questi lavoratori vengano riconosciuti “i loro diritti pieni, visto che contribuiscono in modo così importante all’economia del paese nell’agricoltura e nei campi”.
“Le autorità conoscono perfettamente la situazione dei braccianti”, sostiene Lutrario, “non solo a Rosarno ma anche a Foggia e nelle altre zone d’Italia in cui sono impiegati. Tutelano e proteggono questa situazione che noi abbiamo denunciato da molto tempo”, accusa.
Usb è attivo già da alcuni anni a Rosarno, nel Foggiano, in Lucania. Sono state organizzate mobilitazioni nazionali, incontri con le prefetture, aperture di tavoli per le trattative. Ma sulle condizioni di vita dei braccianti ci sono stati ben pochi cambiamenti.
“Stiamo ancora combattendo perché in alcuni di questi campi sia fornita acqua potabile”, spiega Lutrario. “Siamo ancora ai primi passi, nonostante le tante battaglie, denunce e trattative. Hanno preso parte a tutto questo prefetti, questori, capi dei carabinieri, presidenti delle Regioni. Anche gli amministratori locali sono ben informati sullo stato della situazione”.
“Piovono milioni di euro sulle attività agricole”, aggiunge, “ma non vengono mai utilizzati per migliorare le condizioni di lavoro e di vita e la retribuzione di questi lavoratori”.
Il commento: Sono Sacko Soumayla e ieri mi hanno ucciso in Calabria, ma Salvini pensava che la mia vita fosse una pacchia
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