La sezione antiterrorismo della Direzione distrettuale antimafia di Reggio Calabria ha sequestrato un carico di 24 milioni di compresse di tramadolo, la cosiddetta “droga del combattente”, al porto di Gioia Tauro.
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L’operazione è arrivata al termine delle indagini condotte dalla Guardia di Finanza del Comando della provincia di Reggio Calabria in collaborazione con l’Ufficio antifrode della dogana di Gioia Tauro, oltre al supporto della Dea (Drug Enforcement Administration), l’agenzia federale antidroga statunitense, e della Direzione centrale dei servizi antidroga del Viminale.
L’input per l’avvio delle indagini è arrivato dal secondo gruppo della Guardia di Finanza di Genova, che a maggio aveva portato a termine un sequestro simile nel porto del capoluogo ligure.
Il container sequestrato si trovava su una nave proveniente dall’India e diretta in Libia. Secondo Federico Cafiero De Raho, procuratore della Repubblica di Reggio Calabria, la vendita della droga sarebbe stata “gestita direttamente dal sedicente Stato Islamico per finanziare le attività terroristiche pianificate e portate avanti in tutto il mondo”.
Con un prezzo di circa due euro cadauna sul mercato nero nordafricano e mediorientale, le 24 milioni di pastiglie sequestrate avrebbero fruttato guadagni pari a circa 50 milioni di euro.
“Parte dei profitti illegali sarebbe stata impiegata per finanziare i gruppi estremisti in Libia, Siria e Iraq”, ha aggiunto Cafiero De Raho.
Il tramadolo alla base delle compresse sequestrate al porto di Gioia Tauro è una sostanza oppiacea che viene utilizzata anche come antidolorifico in determinati trattamenti medici.
Oltre a essere un’importante fonte di guadagno per l’Isis, il tramadolo viene utilizzato dai suoi militanti nei campi di battaglia in Medio Oriente perché in grado di aumentare la resistenza agli sforzi fisici, diminuire la percezione del dolore e annullare ansia e paure: da qui il nome “droga del combattente”.