Quando sale sul palco davanti all’assemblea generale della Cgil Maurizio Landini è visibilmente emozionato. Mentre parla, e illustra le sue linee programmatiche, è più volte interrotto dagli applausi della platea, che si è alzata in piedi. Eletto nuovo segretario generale della Cgil, giovedì 24 gennaio, l’ex leader della Fiom ha ottenuto il 92,7 per cento dei sì.
Classe il 1961, nato in provincia di Reggio Emilia e penultimo di cinque figli, Landini inizia a lavorare come saldatore. Delegato sindacale delle “tute blu”, nei primi anni Ottanta diventa funzionario della federazione di categoria e assume poi la guida della Fiom regionale e di quella di Bologna.
Nel 2005 il passaggio a Roma e alla segreteria azionale. Landini ha una delega al settore dei veicoli a due ruote e a quello degli elettrodomestici, per poi essere nominato anche responsabile dell’ufficio sindacale. A giugno 2010 è nominato segretario generale della Fiom e, una settimana dopo la sua elezione, inizia alcune delle battaglie che più lo hanno caratterizzato: Pomigliano prima, Mirafiori dopo.
Poi, due sentenze storiche. Nel 2012 il Tribunale di Roma condanna la Fiat per discriminazioni contro la Fiom a Pomigliano, 145 lavoratori con la tessera del sindacato dovranno essere assunti nella fabbrica. E nel 2013 la Consulta dichiara illegittima la norma dello Statuto dei lavoratori che limita la rappresentanza ai soli sindacati firmatari dei contratti.
Sotto la sua guida nel 2012 la Fiom si costituisce parte civile nella sentenza da lui definita “storica” che condanna i vertici della Thyssen Krupp a pene detentive per l’incidente sul lavoro nella fabbrica di Torino in cui perdono la vita sette operai.
La Fiom con Landini svolge un ruolo attivo anche nella vertenza Ilva per mantenere la produzione ma al contempo salvaguardare la salute e l’ambiente.