In Italia una donna è uccisa ogni 72 ore e, solo nei primi dieci mesi del 2018, le vittime di femminicidio sono state 106. I drammatici dati sul fenomeno sono stati pubblicati da Eures – Ricerche economiche e sociali in occasione della Giornata internazionale contro la violenza sulle donne dello scorso 25 novembre. Una data non troppo lontana, eppure il presidente della Repubblica Sergio Mattarella sembra che se ne sia dimenticato perché nel suo discorso di fine anno non ne ha fatto menzione. (Qui il discorso integrale)
Il messaggio di Capodanno del presidente della Repubblica è stato il più visto, ascoltato e twittato dei quattro che finora ha tenuto nel corso del suo mandato. È stato capace di parlare anche al pubblico del web, ai più giovani. Sui social ha fatto il boom: il discorso ha totalizzato più di 2 milioni di visualizzazioni. Proprio per questo il tema del femminicidio non doveva essere tralasciato.
Sicurezza, Europa, immigrati sono i temi su cui Mattarella ha voluto dare ampio spazio nel suo discorso, ma sulle donne nulla. Con tono intimo ci ha accolti nel suo studio personale della Palazzina al Quirinale e ha cominciato il suo messaggio di auguri con il classico saluto, dove il sesso femminile precede quello maschile come l’etichetta impone: “Care concittadine e cari concittadini”. Ma forse si trattava solo di formalità perché poi nelle cinque cartelle di discorso, il tema sulla violenza delle donne non ha trovato spazio.
Questo non vuole essere un attacco mirato e personale al presidente Mattarella, ma in senso più ampio alla politica o meglio allo Stato, di cui Mattarella ne è proprio il Capo e il rappresentate più alto in gerarchia. La politica si dimentica troppo spesso di queste stragi silenziose che avvengono nelle mure private delle case degli italiani.
E quando la donna vittima di violenza trova il coraggio di denunciare non trova la giusta protezione che proprio dallo Stato si aspetta di trovare. Nella giornata contro la violenza sulle donne abbiamo raccolto la testimonianza di una donna che per anni ha subito violenze psicologiche, fisiche e sessuali da parte del marito. “Mi picchiava con il batticarne, mi umiliava e mi diceva ‘puttana’. Ma quando denunci sei sola” ci aveva raccontato la vittima. E questa è solo una storia, di simili ce ne sono ancora troppe.
Sulle denunce inascoltate, l’Eures ci dice che oltre un terzo delle vittime di femminicidi di coppia ha subito nel passato ripetuti maltrattamenti, e l’omicidio rappresenta l’atto estremo di ripetute violenze fisiche e psicologiche: il 34,7 per cento dei casi noti nel 2015, il 36,9 per cento nel 2016 e il 38,9 per cento nel 2017.
Un dato su cui riflettere. Nella maggioranza dei casi (il 57,1 per cento nel 2017) tali violenze erano a conoscenza di terze persone e nel 42,9 per cento delle occasioni la donna aveva presentato regolare denuncia. Senza evidentemente ricevere un’adeguata protezione.
Dall’1 gennaio al 31 ottobre 2018, rispetto al totale degli omicidi commessi in Italia i femminicidi sono saliti al 37,6 per cento rispetto al 2017, quando erano al 34,8 per cento. I dati mostrano che le violenze avvengono in famiglia (il 70,2 per cento) e in coppia (il 65,2 per cento nel gennaio-ottobre 2017).
Eures sottoliena un aumento progressivo dell’età media delle vittime, che raggiunge il suo valore più elevato proprio quest’anno: 52,6 anni per il totale delle donne uccise e 54 anni per le vittime di femminicidio familiare (in molti casi donne malate, uccise dal coniuge anch’esso anziano, che poi a sua volta si è tolto la vita). La coppia resta l’ambito più a rischio.
È alla luce di questi dati che si evidenzia la mancanza del tema nel discorso di fine anno del Capo dello Stato. Nel suo messaggio si è avvertito il duro richiamo ai politici. Richiamo che allora doveva farsi ancora più duro per dare voce alle donne vittime di violenza.
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